La Camera dei Deputati si è espressa ieri a favore di un rinvio della ratifica della riforma del Meccanismo Europeo di Stabilità (MES). L’Aula ha accolto la richiesta del governo Meloni a cui il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, aveva dato chiaramente parere favorevole. La ratifica richiede il voto di tutti i ventisette stati comunitari per entrare in vigore. Allo stato attuale, restano Germania e Italia gli unici due paesi a non avere ancora dato l’ok. Berlino attende che prima si pronunci la Corte Costituzionale di Karlsruhe.
Meloni prende tempo
Con questa mossa, il governo Meloni prende tempo su un dossier molto delicato. Fratelli d’Italia e Lega per la maggioranza e Movimento 5 Stelle per l’opposizione sono i partiti ad oggi contrari al MES. L’opposizione nasce dalla cattiva fama che l’istituto si è guadagnato dalla sua istituzione di circa una decina di anni fa. Nato per soccorrere paesi e banche in difficoltà, l’organismo è percepito come una sorta di Troika.
Prova ne è che gli aiuti previsti fino al 2% del PIL ai paesi dell’Unione Europea in lotta contro la pandemia non furono richiesti da alcun governo. Malgrado le condizioni finanziarie notevolmente favorevoli, il cosiddetto MES sanitario continuò ad essere percepito negativamente. Gli stati che ne avrebbero fatto richiesta avrebbero verosimilmente dovuto fare i conti con una sorta di stigma sui mercati e sul piano politico europeo.
Cosa prevede la riforma del MES
La riforma del MES, completata nel 2020, prevede l’istituzione di un backstop a favore delle banche in caso di crisi e lo snellimento del processo decisionale per l’eventuale ristrutturazione del debito sovrano. Oggetto di strali in Italia è, soprattutto, questa seconda ipotesi. Le Clausole di Azione Collettiva sarebbero ammorbidite a favore dei governi, richiedendo con la ratifica un solo voto degli obbligazionisti coinvolti dalla ristrutturazione, anziché i due ad oggi previsti.
Tuttavia, questo meccanismo rischia di peggiorare il giudizio degli investitori verso i bond percepiti più rischiosi come i BTp. Se sarà più facile per il governo rinegoziare il debito, meglio tenersene alla larga. E così la riforma del MES paradossalmente finirebbe per punire il mercato sovrano italiano. D’altra parte, la mancata approvazione da parte della sola Italia aprirebbe un caso politico a Bruxelles. La ratifica non entrerebbe in vigore e, pertanto, i mercati potrebbero scontare tensioni tra Italia e Commissione europea con riflessi negativi sui margini fiscali assegnati al nostro governo.
Presto decisione dell’Italia
Ed è chiaro che, salvo un’improbabile bocciatura del MES da parte dei giudici tedeschi, prima o poi il governo Meloni sarà chiamato ad esprimersi sulla ratifica. Ad essere sinceri, persino il governo Draghi aveva rinviato la decisione grazie a tale disquisizione tecnica. Ma i nodi stanno per arrivare al pettine. La premier vorrà rinegoziare il Trattato? E con quali credibili chances, visto che ciò richiederebbe una nuova votazione presso tutti gli altri ventisei stati comunitari? Anche il “sì” sarebbe politicamente difficile per la maggioranza. Come spiegare agli elettori il cambio di linea dei due principali partiti?
Una possibile scappatoia consisterebbe nell’impacchettare il via libera al MES insieme al varo del nuovo Patto di stabilità? Regole fiscali più flessibili potrebbero essere vendute sul piano elettorale come l’allontanamento dello spettro commissariamento. In sostanza, la ratifica diverrebbe possibile per il semplice fatto che il MES sarebbe depotenziato, quasi reso inutile. A proposito, il nuovo direttore generale è stato eletto pochi giorni fa nella persona di Pierre Gramegna, ex ministro delle Finanze del Lussemburgo. Succede al tedesco Klaus Regling, dimessosi nella primavera scorsa. Italia e Francia hanno fatto cadere le loro iniziali resistenze. E così, ora Roma può vantare un minimo credito.