Se lo spread tra i BTp e i Bonos si è ampliato a circa 40 punti base nelle ultime settimane per la scadenza decennale, una ragione c’è. Non solo la crisi politica a Madrid si starebbe avviando a conclusione dopo ben dieci mesi senza un governo nel pieno dei poteri e due elezioni politiche, quando in Italia si avvertono avvisaglie di fine corsa per Matteo Renzi sull’esito del referendum costituzionale, ma bisogna fare i conti anche con l’andamento dell’economia, che tra i due paesi del Mediterraneo è davvero molto diverso.
Iniziamo con la crescita del pil: negli ultimi 10 anni, la Spagna ha battuto l’Italia 7 volte, mentre solo due volte ha fatto peggio e nel 2013 ha mostrato un trend del tutto simile. Prima della crisi finanziaria, le distanze tra economia spagnola e quella italiana erano già siderali. Nel 2007, ad esempio, la prima crebbe quasi del 4%, la nostra intorno alla metà. E nel biennio di recessione globale 2008-2009, il pil spagnolo si contrasse intorno al 4,5%, quello italiano del 6,5%. Ma è con la ripresa dalla crisi che si avverte un differenziale imbarazzante per l’Italia: negli ultimi tre anni, la Spagna è cresciuta di oltre il 7,5%, l’Italia di un paio di punti percentuali. E anche per l’anno prossimo le previsioni restano divergenti, con gli spagnoli a fare meglio di oltre il doppio.
Banche spagnole hanno ripulito parte dei bilanci
Passiamo alle banche: la Spagna ha risolto la sua crisi, chiedendo aiuto nel 2012 all’ESM, il Fondo europeo di salvataggio, utilizzato per 40 miliardi. Pare che abbia funzionato, visto che i crediti deteriorati netti dei suoi istituti sono passati da quasi il 14% degli impieghi a cui erano esplosi nel 2013 al 10% attuale. Quelli delle banche italiane, invece, sono cresciuti esponenzialmente a oltre il 12% e ciò che maggiormente preoccupa è la tendenza non calante.
Poco fa abbiamo parlato di differenziale di crescita, ma c’è un dato che forse lo spiega: gli investimenti. In rapporto al pil, quelli dell’Italia sono diminuiti del 4% in tre anni, quelli della Spagna sono cresciuti di oltre il 7%. E senza investimenti, il pil è destinato a ristagnare o, addirittura, a contrarsi.