Il programma di Mélénchon
Ammiratore dello scomparso dittatore venezuelano Hugo Chavez, egli propone l’introduzione delle 32 ore di lavoro settimanali (dalle 35 attuali, anche se applicate all’acqua di rose sin dal 1997), l’abbassamento dell’età pensionabile a 60 anni, un vasto programma di investimenti pubblici, il ritiro dalla produzione di energia nucleare, che oggi soddisfa il 75% del fabbisogno nazionale, nonché un aggravio della tassazione sui ceti medio-ricchi, con aliquota del 100% sui redditi superiori ai 400.000 euro. In sostanza, egli imporrebbe un tetto massimo agli stipendi di 33.000 euro al mese, oltre il quale il fisco si prenderebbe tutto.
Oltre che sui temi dell’economia, l’altra reale differenza con il programma della Le Pen sta nella politica dell’immigrazione, perché Mélénchon è per una politica dell’accoglienza. Per il resto, le sue proposte appaiono persino più radicali di quelle della leader frontista, che aldilà del protezionismo e dei proclami anti-UE e anti-euro, resta favorevole al business, specie di quello delle piccole e medie imprese francesi. Nel caso di Mélénchon, invece, saremmo dinnanzi a un leader politico con idee prettamente comuniste, tali da spingere con ogni probabilità i mercati a tifare Le Pen, nel caso (sciagurato per loro) di un ballottaggio tra i due. (Leggi anche: Vince Le Pen, mercati sotto shock, che succede?)
Reali chance con il crollo dei socialisti
Dal canto suo, la UE non saprebbe chi non tifare, mentre la Le Pen vedrebbe accrescere le sue probabilità di vittoria nel caso di uno scontro diretto con il rappresentante dell’estrema sinistra, dato che grossa parte dei ceti moderati vedrebbero in lei il male minore.
Quanto alle reali probabilità di un suo approdo al ballottaggio, bisogna ricordare che anche 5 anni fa l’uomo veniva dato dai sondaggi a percentuali più elevate di quelle raccolte effettivamente, ma allora il Partito Socialista aveva il vento in poppa, tanto che in un mese e mezzo vinse sia la presidenza che le politiche.