Settore privato resta informale
Attenzione, però, perché quello che starebbe avvenendo da anni non dovrebbe essere inquadrato come un reale percorso riformatore, quanto una tolleranza del regime per forme di business privato, in modo da migliorare le condizioni di vita dei cittadini. Jong-Un chiuderebbe più di un occhio sulla nascita palese di imprese private, perché sa che questo è l’unico modo per aumentare i redditi interni e l’occupazione, anche se il settore privato continuerebbe a rimanere del tipo informale, escluso dai dati ufficiali.
Dai circa 1.000 esuli fuggiti dal paese negli ultimi anni emerge una realtà grigia, in cui i nord-coreani con maggiori disponibilità chiederebbero e otterrebbero dagli appositi ministeri l’autorizzazione (informale) ad aprire un’attività, ma dietro al pagamento di mazzette nell’ordine del 30% del reddito maturato ai funzionari, come se si trattasse di una vera e propria imposizione fiscale.
A Pyongyang, i pochi giornalisti stranieri che hanno avuto la fortuna di visitarla hanno scoperto una realtà ben diversa da quella immaginata, caratterizzata da numerosi grattacieli in centro, da un traffico di auto crescente e da una certa vivacità di negozi e imprese simili a quelli che si vedono nel resto del mondo. Piccoli progressi, che si distinguono per una apparente stranezza: non devono mai (dicasi, mai) essere evidenziati dagli organi di stampa e all’estero. Nessuno deve anche solo lontanamente dubitare dei benefici del comunismo e nemmeno il più fido funzionario di Jong-Un deve porsi il dubbio che il leader stia cercando un’alternativa alla fermezza ideologica con la quale in 70 anni è stata applicata rigidamente la dottrina marxista. (Leggi anche: Kim Jong-Un, chi è il dittatore che minaccia la guerra nucleare)