Nessun progresso sotto Jong-Un
Il paese è anche conosciuto con l’aggettivo “eremita”, perché nei fatti è chiuso al resto del mondo, privo di contatti diplomatici con chicchessia, oltre che di relazioni commerciali e finanziarie, se non con la Cina, verso la quale esporta il 90% del totale dei beni venduti all’estero, in gran parte carbone, contro cui è stato disposto da Pechino un embargo dalla fine di febbraio, ma che solo l’altro ieri avrebbe assunto le sembianze di sanzioni effettive, su pressioni della Casa Bianca.
Quando quasi 5 anni e mezzo fa, Jong-Un arrivò al potere, dopo 17 anni di presidenza del padre, il mondo era sia timoroso per l’assenza di esperienza politica del giovane, allora nemmeno 28-enne, sia speranzoso per la possibilità di aprire un nuovo capitolo nelle relazioni con Pyongyang, auspicando una svolta aperturista. Ci vollero pochi mesi per capire di che pasta fosse fatto il dittatore, che alla spietatezza tipica del regime comunista nordcoreano, ispirato al più feroce stalinismo sovietico, ha apportato anche i tratti della sua stravaganza caratteriale.
Un regime sanguinario e spietato
Sin dalla sua nomina alla presidenza, si sono susseguite voci su alcune sue presunte azioni criminali, come l’uccisione dello zio, accusato di tradimento, fatto sbranare da 100 cani lasciati affamati da 3 giorni; o come l’esecuzione a morte della ex fidanzata attrice per “pornografia”; o di recente, un ufficiale dell’esercito sarebbe stato ucciso a cannonate per avere sbadigliato in pubblico e alla presenza del dittatore. Diversi analisti ritengono che alcune di queste voci (per fortuna) sarebbero volutamente esagerate e veicolate dallo stesso regime per incutere terrore contro i possibili oppositori interni. Detto ciò, sarebbero almeno 300 i militari eliminati sotto Jong-Un per sospetto tradimento. E basta un nonnulla per potere essere accusati di un simile atto.
I test nucleari, con frequenti lanci di missili in direzione del Giappone e in aperta violazione degli accordi internazionali, hanno sin da subito destato preoccupazione per le tensioni geo-politiche alimentate nell’Asia nord-orientale. La stessa Cina, per quanto alleata di Pyongyang, è diventata sempre più imbarazzata, ma al regime non ha ad oggi ricercato alternative, temendo che la scomparsa della dinastia dei Kim al potere possa coincidere con la riunificazione delle Coree e/o con l’ascesa al potere di una dirigenza filo-americana, ritrovandosi sostanzialmente un nemico ai propri confini. (Leggi anche: Nord Corea indagata da Fbi per maxi-furto alla Fed)