Senza euro, Grecia starebbe ora meglio
Se il progetto della moneta unica è senza ritorno, aggiunge, non c’è proprio speranza, i mercati avrebbe dovuto reagire negativamente a quell’affermazione di Draghi, riflette. E fa l’esempio della Grecia: se fosse stata lasciata libera di uscire dall’euro nel 2010, l’evento sarebbe stato traumatico, ma meno di quanto è accaduto da allora. Se, per ipotesi, la Spagna avesse subito gli effetti della crisi fuori dall’euro, la sua peseta si sarebbe molto deprezzata sui mercati e ciò avrebbe stimolato l’attività manifatturiera, così come il turismo.
Ciò avrebbe consentito la ripresa della sua economia. Accanto alle politiche monetarie accomodanti, serve una politica fiscale altrettanto espansiva, secondo Krugman, il che non sembra il caso dell’Eurozona. C’è un pericolo avanzato dall’intervistato, ovvero che l’intero progetto di pace e di prosperità dell’Europa sia a rischio con l’euro, ad iniziare dalla
Brexit. “Ma il Regno Unito ha bisogno dell’Europa e l’Europa ha bisogno del Regno Unito”. Tornando agli USA, Krugman non crede che sia ancora necessario un altro round di “quantitative easing”, né che esso possa essere efficace. Tuttavia, ritiene che sia stato un errore l’aumento dei tassi e auspica che prima o poi, pur senza ammettere che l’avvio della stretta a dicembre sia stata incauta, la Fed faccia intendere che non alzerà più i tassi e che aumenti il target d’inflazione al 3%. Solo cambiando le aspettative dei mercati, conclude, si otterrà il risultato sperato.