L’esordio della premier Liz Truss al governo non è stato dei migliori. Tralasciando la morte della Regina Elisabetta II dopo due giorni dalla nomina, appena finita la decade di lutto nazionale il suo piano contro il caro bollette e per ravvivare l’economia britannica ha scatenato una crisi finanziaria ai danni della sterlina, precipitata ai minimi storici contro il dollaro. Ieri, si è reso necessario l’intervento della Banca d’Inghilterra, che ha annunciato il ritorno all’acquisto di Gilt, i titoli di stato di Sua Maestà.
Banca d’Inghilterra in campo contro rischio di crisi finanziaria
Rinviato di quasi un mese il piano di riduzione del bilancio da 80 miliardi di sterline all’anno. Le vendite nette di Gilt saranno posticipate a partire dal 31 ottobre. Per effetto dell’annuncio, il rendimento a 10 anni è crollato istantaneamente dal 4,57% a un minimo del 3,95%, salvo una parziale risalita nelle ore successive. A indisporre il mercato è stato il ricorso al debito da parte del nuovo governo conservatore per complessivi quasi 230 miliardi di sterline tra aiuti a famiglie e imprese contro il caro bollette (172 miliardi) e tagli alle tasse e minori entrate (45 miliardi) entro il 2025/2026. Il rapporto tra debito pubblico e PIL è atteso in salita sopra il 100%. Era sotto il 30% all’inizio del millennio.
Il Regno Unito sta rischiando una vera crisi finanziaria, come ha ammonito Ray Dalio, investitore a capo di Bridgewater, il più grande fondo d’investimenti al mondo. Tra maggiore debito, rialzo dei tassi e scarso appeal della sterlina, Londra sta cercando di finanziarsi sui mercati in quantità e valuta per cui esisterebbe scarsa domanda.
La risalita dei Gilt non deve tranquillizzare. La Banca d’Inghilterra appare in preda a una confusione mentale. Da un lato, annuncia che tornerà ad acquistare Gilt per sostenerne i prezzi, dall’altro che li venderà per combattere l’alta inflazione, schizzata al 10%. La situazione è seria, anche perché il paese ha un precedente poco ricordato: nel 1976 si rese necessario il salvataggio ad opera del Fondo Monetario Internazionale, a seguito della crisi della bilancia dei pagamenti. Mai prima e mai dopo una grande economia avanzata subiva una simile umiliazione. Per intenderci, solo la piccola Grecia nel 2010 fu oggetto di bail-out internazionale.
Gilt in caduta tra crollo sterlina, inflazione e rialzo dei tassi
La crisi dei Gilt appare strutturale, a meno che il governo Truss non riveda il suo maxi-piano fiscale. Certo, c’è anche da dire che il rischio di una crisi del debito sovrano britannico non appare neppure imminente. A fronte di un’inflazione al 10%, i rendimenti a lungo termine non arrivano al 4,50%. Dunque, Londra continua a indebitarsi a tassi reali negativi del 5,5%. Lo stesso dicasi per tutti gli altri stati dell’Occidente, pur nel bel mezzo di un rialzo dei tassi veloce.
Detto questo, gli analisti temono che la Banca d’Inghilterra sia adesso costretta a sostenere la sterlina per calmierare l’inflazione, alzando i tassi d’interesse fino al 6% entro il 2023 dal 2,25% attuale. Sarebbe una batosta per l’economia britannica e, di conseguenza, per l’appetibilità degli stessi Gilt. Il rischio sovrano percepito resta basso, tant’è che i CDS a 5 anni costavano l’altro ieri meno di 27 punti base o 0,27%. D’altra parte, un anno fa stavano ad appena 9 centesimi o 0,09%. Il decollo è avvenuto dal maggio scorso, in coincidenza con il rialzo dei tassi e la crisi politica interna.