E’ stato un board apparentemente senza alcuna novità quello che si è tenuto ieri in videoconferenza alla BCE tra i governatori centrali dell’Eurozona e i membri del consiglio esecutivo. Tuttavia, dietro al comunicato fotocopia rispetto a quello di dicembre si celano alcune differenze dirimenti. E queste sono saltate fuori dalla conferenza stampa del governatore Christine Lagarde. Come ci si aspettava, la francese ha ribadito che l’istituto non avrebbe alcuna fretta per alzare i tassi d’interesse. I colli di bottiglia che stanno rallentando la produzione globale e alzando i prezzi dei beni, starebbero riducendosi.
Fin qui, nessuna novità nel linguaggio. Ma è stata la stessa Lagarde a intravedere rischi crescenti sul fronte inflazione. Questa è salita al 5,1% a gennaio, battendo le aspettative. Il governatore ha invitato a guardare ai prossimi board “cruciali” di marzo e, soprattutto, giugno per capire se la BCE abbia in mente di modificare qualcuno dei suoi tre criteri su cui si fonda la “forward guidance”. In altre parole, nessuna fretta di alzare i tassi d’interesse, ma al contempo nessuna esclusione pregiudiziale che possa avvenire già quest’anno.
Tassi BCE in rialzo a fine anno?
Si tratta di un cambio notevole di prospettiva, oltre che di linguaggio. Tant’è che il mercato sta già scontando un rialzo dei tassi BCE quest’anno di 40 punti base sui depositi overnight. Essi restano fissati ad oggi al -0,50%, ma per fine 2022 sono intravisti in area -0,10%. E ieri, il cambio euro-dollaro si è impennato a 1,14, ai massimi di metà gennaio. Lo stesso hanno fatto i rendimenti italiani, con il decennale ad avere superato la soglia di 1,60%, il livello più alto da maggio 2020, 21 mesi a questa parte. Lo spread BTp-Bund, invece, ha sfiorato i 150 punti base, con il decennale tedesco ad essersi portato allo 0,14%, ai massimi da ben tre anni.
E le borse europee non potevano che ripiegare. Alla conferenza stampa di Lagarde l’FTSE MIB reagiva con un -1%, in linea con l’andamento di Francoforte e Parigi. In un solo colpo, la BCE ha messo KO azioni e obbligazioni. E pensate che non è arrivato alcun annuncio relativo a una stretta monetaria, quanto semmai un semplice timore espresso a voce alta (non incautamente) sull’inflazione nell’Eurozona. Non siamo a una gaffe, come quella che il 12 marzo 2020 provocò il crollo delle borse europee in dimensioni mai vissute prima nella loro storia – il famoso “non siamo qui a chiudere gli spread” di Madame Lagarde – quanto a un’impostazione voluta per preparare i mercati al rialzo dei tassi BCE che verrà. Se non entro l’anno, sarebbe solo questione di (poco) tempo.