Il confronto con il 2007
Il primo rapporto risale al marzo 2007, quando i centri finanziari esaminati furono appena 46. L’ultima posizione allora spettava ad Atene, la prima sempre a Londra. Anche 10 anni e mezzo fa, tuttavia, Milano si collocava nella zona medio-bassa della classifica in 30-esima posizione con 546 punti. Restando nella top ten, notiamo come le distanze tra prima e decima piazza finanziaria si siano alquanto ridotte, passando da 137 a 77 punti. E balza all’occhio il salto di Pechino, che dalla 36-esima posizione è arrivata alla decima, guadagnando 190 punti.
E arretra la presenza di centri europei nella parte alta della classifica: erano 4 nel marzo 2007 (Londra, Zurigo, Francoforte e Ginevra), mentre oggi risultano dimezzati alle sole Londra e Zurigo. Il Nord America ne mantiene 2 (esce Chicago ed entra Toronto, oltre a New York), mentre l’Asia ne guadagna 2, salendo a 5 con l’ingresso di Pechino e Shanghai.
E così, nonostante la retorica di questi mesi sulla volontà di trasformare Milano in una capitale finanziaria globale, i numeri restano impietosi. Piazza Affari si conferma irrilevante nello scenario europeo, dietro persino a città semi-sconosciute ai più e certamente con volumi scambiati nettamente più bassi. Il segno che la comunità finanziaria continua a ignorare l’Italia, che negli ultimi anni non si è certo guadagnata la stima degli investitori con l’introduzione di misure demenziali, come la Tobin Tax, retaggio di una cultura tutt’altro che “business-friendly” e lontana anni luce dal clima che regna a Londra. Brexit o non Brexit. (Leggi anche: Tobin tax bocciata da Consob: inutile e dannosa)