L’apertura del nuovo anno sui mercati finanziari ha riservato una brutta sorpresa ai Bund della Germania, i cui rendimenti sono schizzati ai massimi da diversi mesi. Il decennale si è portato in mattinata fino al -0,16%, mentre i rendimenti sono passati in territorio positivo per il titolo con durata residua di 15 anni per la prima volta dal luglio scorso. Boom anche per i rendimenti a 2 anni, saliti sopra quota -0,60%, ai massimi dall’aprile scorso. Nel corso della stessa seduta, però, il biennale si riportava a quota -0,61% e il decennale al -0,23%, suggerendo come le vendite iniziali siano state probabilmente episodiche.
Indubbio, comunque, che rispetto ai minimi storici toccati alla fine di agosto del 2019, i rendimenti sovrani tedeschi siano di molto risaliti. Allora, il decennale era sprofondato fino al -0,71%, circa 50 centesimi in meno di oggi. E approfittando dei livelli sorprendentemente bassissimi di quelle settimane, la Germania emetteva allora per la prima volta un Bund a 30 anni senza cedola. Parliamo del titolo in scadenza nell’agosto 2050 (ISIN: DE0001102481).
Il Bund 2050 senza cedola conferma i rischi delle obbligazioni ultra-lunghe
Avevamo avvertito per l’occasione quanto rischioso fosse investire in un titolo a lunga scadenza senza cedola. Torniamo sul punto, ribadendo in estrema sintesi un concetto che dovrebbe essere noto a chi impegna i suoi risparmi sull’obbligazionario. La volatilità dei prezzi dipende dalla “duration”, che può considerarsi la durata finanziaria media di un titolo, a sua volta dipendente in maniera inversa dall’entità della cedola. Per capirci: l’alta cedola abbassa la duration e rende l’investimento meno esposto alle fluttuazioni dei prezzi, legate alle variazioni dei rendimenti di mercato. Viceversa, un bond con cedola bassa ha duration alta ed è volatile.
L’anomalia dei Bund
Confermando il ragionamento di cui sopra, quanto ottenuto dal bilancio di questi mesi è diverso. Prendiamo il “benchmark” a 10 anni, ossia il Bund in scadenza nell’agosto 2029 e anch’esso senza cedola (ISIN: DE0001102473).
E spostandoci sul trentennale, esito analogo: il Bund 2050 senza cedola ha perso quasi il 15%, mentre quello in scadenza due anni prima e con cedola dell’1,25% (ISIN: DE0001102432) ha subito un tonfo del 14%, sostanzialmente simile. Com’è possibile? In teoria, a cedole più alte – e il gennaio 2030 offre ben il 6,25% – dovrebbero corrispondere variazioni meno intense. Nei casi specifici, probabile che l’andamento simile o persino peggiore dei Bund con cedole maggiori sia da collegare alla natura di “benchmark” dei titoli concorrenti sprovvisti di cedola.
In poche parole, i bond agosto 2029 e agosto 2050 fungono da riferimento rispettivamente per il segmento a 10 e 30 anni, per cui sono più tradati e, di conseguenza, i loro scambi risultano più liquidi, a beneficio dei prezzi. Ma non illudiamoci che sia sempre così. Con il tempo e man mano che realmente i rendimenti risaliranno verso le medie storiche, a fare peggio (anche di molto) saranno i titoli con duration più alta, cioè con cedole basse o nulle.
Per investire in bond conta la cedola, non solo il rendimento