La Cina manda giù i prezzi delle materie prime e il rublo perde ancora quota

Scendono ancora i prezzi delle materie prime, che oggi risentono del dato deludente sulla manifattura cinese a luglio. E il rublo perde ancora contro il dollaro.
9 anni fa
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Scesi già ai minimi degli ultimi 13 anni, i prezzi delle materie prime scivolano ancora oggi, dopo la diffusione dei dati sull’indice manifatturiero in Cina a luglio, sceso ai minimi degli ultimi 5 mesi a 50,1 punti dai 50,2 di giugno. Il dato è inferiore alle attese e segnala una crescita debolissima della manifattura cinese, aumentando i timori del mercato per un rallentamento del pil oltre le stime, cosa che avrebbe effetti negativi anche sul resto del pianeta, dato che la Cina è ormai la seconda economia mondiale dopo gli USA.

E così, i prezzi delle materie prime sono scesi dello 0,86% a 183,28, registrando un crollo del 28% su base annua, trainato dal petrolio, che nei 12 mesi ha subito un tonfo di oltre il 50%. E se il prezzo del Brent è sceso a intorno ai 51 dollari al barile e quello del Wti a 46,42 dollari, l’oro sembra in mattinata un pò più stabile, perdendo lo 0,22% a 1.093 dollari l’oncia. Su base annua, però, il metallo segna un brusco -16%.   APPROFONDISCI –  L’Australia affronta la crisi delle materie prime, ma l’economia è solida  

Cambio rublo dollaro ai minimi da febbraio

Il rublo risente direttamente del trend negativo del greggio e non aiutano di certo i commenti di Teheran, secondo cui l’accordo nucleare consentirà al paese di aumentare la produzione una settimana dopo la fine delle sanzioni internazionali. Il cambio con il dollaro cede l’1,45% a 62,64, mostrando la maggiore debolezza dalla metà del febbraio scorso e perdendo quasi il 15% su base mensile. La Russia deriva i 3 quarti delle esportazioni dal Brent, così come quasi la metà delle entrate statali. Oggi, un barile rende a Mosca 3.197 rubli, un anno fa 3.794, ossia quasi il 16% in più. A questo punto, il cambio potrebbe oscillare per settimane o mesi  nel range 60-65, qualora le quotazioni del petrolio sostassero ai livelli attuali, in quanto sarebbe necessario un ulteriore indebolimento del rublo per compensare gli effetti dei minori prezzi energetici, espressi in dollari.

Tuttavia, un rublo più debole provocherebbe una risalita dell’inflazione, che restringerebbe le azioni della politica monetaria della Banca di Russia, che la scorsa settimana ha continuato a tagliare i tassi all’11%, portando a 600 punti base il ribasso complessivo del costo del denaro dall’inizio dell’anno.   APPROFONDISCI – La Russia taglia i tassi all’11%, ma preoccupa l’inflazione con il rublo debole  

Giuseppe Timpone

In InvestireOggi.it dal 2011 cura le sezioni Economia e Obbligazioni. Laureato in Economia Politica, parla fluentemente tedesco, inglese e francese, con evidenti vantaggi per l'accesso alle fonti di stampa estera in modo veloce e diretto. Da sempre appassionato di economia, macroeconomia e finanza ha avviato da anni contatti per lo scambio di informazioni con economisti e traders in Italia e all’estero.
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