La sospensione dei finanziamenti all’Organizzazione Mondiale della Sanità da parte degli USA è stato il primo passo di una ridisegnazione degli equilibri internazionali dopo la pandemia. Il presidente Donald Trump ha “congelato” i circa 400 milioni di dollari che l’America eroga all’ente ogni anno, accusando il suo direttore Tedros Ghebreyesus di essere stato troppo filo-cinese nell’affrontare l’emergenza Coronavirus, commettendo molti errori e aumentando il numero delle vittime nel mondo. Il vero obiettivo della Casa Bianca non è certo il cambio della guida dell’OMS, quanto lanciare un chiaro avvertimento a Pechino: Washington non se ne starà a guardare dopo questa crisi.
Come la Cina, con la complicità dell’OMS, ha creato l’inferno del Coronavirus
La Cina ha rivisto al rialzo del 50% le sue stime sui decessi a Wuhan, ma i dati restano obiettivamente inaffidabili, specie se li si raffrontano con quelli dell’Occidente, dove i tassi di mortalità che stanno emergendo risultano ad oggi superiori fino a tre volte. E che i contagi siano stati meno di 82.500 in un paese da 1,4 miliardi di abitanti appare a dir poco incredibile. Settimana scorsa, il segretario di Stato, Mike Pompeo, ha dato adito alle voci secondo le quali il virus sia stato il frutto di un incidente avvenuto nel laboratorio di Wuhan, anche in questo caso soffiando sul fuoco delle tensioni già fin troppo palesi tra Cina e USA.
La Cina allunga le mani sull’Europa
Finora, sappiamo che l’economia cinese ha pagato la pandemia con il primo crollo del pil dal 1992. Su base annua, nel primo trimestre risulta essere sceso del 6,8%, mentre rispetto agli ultimi tre mesi del 2019 si è registrato un tonfo del 9,8% per la prima volta dal 1976. Il Dragone è stato ferito, ha subito lo stigma dell’essere stato epicentro della pandemia, ma non è morto. Anzi, dalle banche d’investimento fanno sapere di avere ricevuto un forte aumento di richieste di consulenza da parte di aziende e fondi cinesi per l’acquisto di assets europei.
In sostanza, le società e le banche europee valgono molto meno di appena 1-2 mesi fa e questo ingolosisce la Cina, che ricordiamoci detenere circa 3.000 miliardi di dollari di riserve valutarie da utilizzare almeno in parte all’occorrenza per fare shopping all’estero. Nel frattempo, Pechino ha capito che subito dopo che l’allarme globale sarà cessato, la sua iniziale assenza di trasparenza sarà oggetto di biasimo internazionale e finirà sul banco degli imputati, accusata di avere provocato, se non certo deliberatamente, almeno colposamente, una vera catastrofe sanitaria ed economica, con il crollo atteso di tutte le economie mondiali principali.
Per questo, ha inviato il suo team di medici in Lombardia per la classica operazione simpatia, strizzando l’occhio a quell’opinione pubblica italiana da tempo euro-scettica, che ancora di più si sente distante da Bruxelles dopo avere avvertito scarsa solidarietà dei partner europei. L’obiettivo cinese è che Roma tenga fede a quell’accordo sulla Via della Seta sottoscritto un anno fa con il governo Conte e che al contempo diventi il cavallo di Troia nella UE per penetrare commercialmente e finanziariamente il continente, partendo dal 5G, gli standard di nuova generazione per la telefonia mobile.
Regolamento dei conti internazionale
Il grande ostacolo più immediato a questo piano si chiama per adesso Trump. Il tycoon aveva adottato una politica commerciale anti-cinese già dal 2017, anno del suo insediamento alla Casa Bianca, e dopo quanto sta accadendo troverebbe semplicemente conferma della sua tesi per cui la manifattura andrebbe rimpatriata e la produzione mondiale regionalizzata, allentando i legami con la Cina.
Il Coronavirus è la tempesta perfetta che pone fine alla globalizzazione?
In Europa, qualcosa inizia a cambiare. Il Regno Unito, che con la Brexit aveva aperto alla Cina anche sul 5G, adesso tituba, mentre la stessa Germania, pur molto orientata alle relazioni con la Cina, avverte il pericolo che il ritiro dell’America dagli organismi internazionali offra spazi a potenze alternative e non liberaldemocratiche. In piena emergenza Coronavirus, i pensieri impellenti dei governi sono altri, vale a dire portare a casa la pelle e porre le basi per una ripartenza delle economie quanto più veloce e robusta possibile. Ma a mente fredda, tutti vorranno regolare i conti con la dittatura cinese, a meno di non credere che la sua comunicazione sia stata trasparente e immediata. Il dopo-pandemia rimodellerà le relazioni internazionali, economiche e politiche, per i prossimi due decenni almeno.