E’ stato il primo peggiore semestre per le borse negli ultimi cinquanta anni. Sebbene non vi siano ancora segnali espliciti in tal senso, il rischio recessione aumenta ogni giorno di più in Europa e nel Nord America. L’inflazione è salita quasi ovunque ai massimi da 30-40 anni. La guerra tra Russia e Ucraina sta provocando tensioni geopolitiche molto forti, tali da far temere che a breve l’Europa resti a corto di gas. Intanto, il petrolio sosta sempre intorno a 100 dollari al barile.
Il tracollo di Klarna
In questi giorni, Klarna ha raccolto 800 milioni di dollari tra gli investitori storici come Sequoia e Silver Lake, attirando anche impegni dal fondo sovrano degli Emirati Arabi Uniti, da Mubadala Investment Company e dal Canada Pension Plan Investment Board. Senonché, la valutazione dell’intero capitale è stata di 6,7 miliardi di dollari, l’85% più bassa dei 45,6 miliardi del giugno 2021.
Klarna è una società svedese del fintech. Essa è ormai attiva in oltre una ventina di paesi. Ultimamente, è sbarcata anche in Italia e Francia. Il suo business consiste nel consentire ai clienti di pagare in tre rate senza interessi gli acquisti online. I negozi che aderiscono all’iniziativa pagheranno una commissione in somma fissa e una variabile a Klarna, che così evita di chiedere gli interessi agli utenti.
Questo modello di business è parso vincente, specie durante la pandemia. La gente stava a casa e voleva comprare. In molti casi, ha approfittato della possibilità di pagare a rate senza interessi. Le società venditrici che aderiscono, trovano conveniente attirare i clienti. Riceveranno le somme subito, pagando in cambio una commissione. Sta di fatto che la corsa dell’inflazione minaccia questo modello.
Soffre l’intero comparto fintech
Il crollo di Klarna nelle valutazioni degli investitori istituzionali non è isolato. Tutto il comparto fintech sta subendo perdite gigantesche. PayPal perde il 64% quest’anno, Shopify il 76%, Affirm il 78% e Block il 61,5%. Questi numeri sono lo specchio di un’economia globale in ripiegamento tra inflazione, rialzo dei tassi, crisi energetica e tensioni geopolitiche. Come spesso o sempre accade, i mercati tendono a sovra-reagire ai cambi di rotta dell’economia. I suddetti titoli saranno probabilmente iper-venduti e i rispettivi corsi risaliranno non appena s’intravedrà il venir meno di uno o più fattori di crisi.
Sta di fatto che dopo una lunga era di crescita spasmodica per il comparto fin-tech in borsa, l’umore degli investitori sia cambiato. Dietro non vi sarebbe solo una congiuntura attesa sfavorevole, bensì un mutamento paradigmatico dei mercati. La globalizzazione ha raggiunto l’apice prima della pandemia, i mercati si stanno chiudendo sul piano produttivo e delle relazioni commerciali. Peraltro, Occidente e Russia si combattono a colpi di sanzioni finanziarie. Nel mirino di ciascun blocco vi sono proprio i sistemi di pagamento dell’altro. Insomma, le società fintech non possono certo ignorare la possibile fine di un mondo come l’avevamo conosciuto per almeno una ventina di anni.