I quotidiani tedeschi la chiamano “Ampelkrise”, letteralmente “la crisi del semaforo”. Così è nota la coalizione di governo, composta da socialdemocratici, Verdi e liberali. Dai tempi di Weimar non c’era mai stata una maggioranza così litigiosa. E a distanza di due anni dall’insediamento di Olaf Scholz alla cancelleria, la crisi politica è sotto gli occhi di tutti. Un possibile colpo di grazia definitivo lo ha assestato in settimana la Corte Costituzionale di Karlsruhe. Ha giudicato illegale la pratica di utilizzare per altre finalità i 60 miliardi di euro del fondo anti-Covid rimasti inutilizzati.
Debiti fuori bilancio, giudici bocciano governo
In realtà, i giudici hanno bocciato ben 29 “fondi speciali” dotati di asset complessivi per 869 miliardi di euro. Di questi, al limite si salverebbero solo 100 miliardi legati alla difesa e che beneficiano di tutela costituzionale. Dunque, 770 miliardi di debiti che andrebbero conteggiati tra i conti pubblici ufficiali. Un durissimo colpo alla credibilità di Christian Lindner, ministro delle Finanze e leader dell’FDP, partito liberale fortemente conservatore in materia fiscale.
Lindner ha scioccato gli alleati, quando lunedì ha comunicato che da qui a fine anno non saranno più autorizzate nuove spese, se non i casi eccezionali. Saranno coinvolti tutti i ministeri ed esclusi solo il Parlamento e la Corte Costituzionale. Un’iniziativa che servirebbe a compensare i 30 miliardi di euro che sarebbero caricati sul bilancio di quest’anno in conseguenza della sentenza. Il collega all’Economia e leader dei Verdi, Robert Habeck, non ci sta. Alla radio ha spiegato che la Germania rischia di perdere l’occasione di sostenere la sua industria durante la transizione energetica.
Crisi politica affossa i liberali tedeschi
Gli ha risposto indirettamente lo stesso Lindner, sostenendo che nel lungo termine l’assenza di sussidi costringerà le imprese tedesche a rafforzarsi da sole.
I liberali stanno patendo una gravissima crisi di consenso. Stando ai sondaggi, rischierebbero di restare esclusi dal Bundestag se si votasse oggi, in quanto otterrebbero intorno al 5%, la soglia di sbarramento per accedere alla Camera bassa. Già nel 2013 rimasero fuori per la prima volta nella loro storia e dopo che alla tornata precedente avevano ottenuto il record storico del 14%. Preoccupati di non sopravvivere alla crisi politica della coalizione-semaforo, stanno spostando il loro obiettivo in Europa: impedire l’approvazione del nuovo Patto di stabilità.
Germania blocca riforma Patto di stabilità
Lindner incontrerà quest’oggi il ministro dell’Economia italiano Giancarlo Giorgetti al margine del summit bilaterale italo-tedesco. Egli pretende percentuali chiare sulla discesa del rapporto debito/PIL ogni anno, ancora più stringenti per i paesi con deficit eccessivo, cioè sopra il 3% del PIL. Quest’anno, sono ben dodici. Se entro l’anno non si trovasse un’intesa sulla riforma del Patto, sospeso in pandemia fino a tutto il 2023, le vecchie regole fiscali tornerebbero in vigore. Lindner vorrebbe in cuor suo proprio questo, così da poter vendere ai tedeschi il fatto di essersi opposto efficacemente all’allentamento delle regole, che favorirebbe stati “spendaccioni” come Italia e Francia.
Il problema è che persino la riattivazione del vecchio Patto avverrebbe in un clima di incertezza sulla sua implementazione. E i mercati non gradiscono, lo segnalano da mesi con lo spread relativamente elevato per i titoli di stato italiani. In sostanza, l’Europa è ancora una volta appesa alle tensioni politiche interne alla Germania. Difficile che porteranno alla caduta del governo, almeno non prima delle elezioni europee.
Crisi politica tedesca paralizza Europa
L’aspetto più paradossale è che l’intero continente dipende dai capricci un governo, che oggi come oggi in patria riscuoterebbe il voto di poco più di un tedesco su tre. E di credibilità proprio in materia fiscale Scholz ne possiede ben poca da sbandierare ai partner europei, come testimonia proprio la sentenza dei giudici costituzionali. La Germania ha truccato i conti. Non è un buon motivo per fare spandi e spendi altrove, ma Berlino non ha più l’autorevolezza di un tempo nel puntare il dito contro gli altri paesi. Tra debiti fuori bilancio e recessione economica, il modello tedesco non brilla più.