La curva dei bond americani mai così invertita dal 2000, il mercato teme la crisi

La curva dei bond americani risulta sempre più invertita, mai così tanto dal 2000. E profetizza l'arrivo della crisi economica.
2 anni fa
1 minuto di lettura
Curva dei bond USA invertita

Gli USA, ma forse sarebbe più corretto dire il mondo intero, attende con ansia alla pubblicazione del dato sull’inflazione americana nel mese di luglio. Analisti e mercati si attendono cautamente un rallentamento dal 9,1% di giugno. Nel frattempo, una sberla è arrivata con il dato sul PIL, in calo anche nel secondo trimestre. Tecnicamente, l’economia americana è in recessione. E così suggerisce anche la curva dei bond, la quale risulta sempre più invertita. Ormai, è tornata ai livelli del 2000. E guarda caso, anche allora c’era la recessione nell’aria.

Cos’è la curva dei bond invertita

Cosa intendiamo per inversione della curva dei bond? I rendimenti obbligazionari generalmente sono crescenti con la durata dei titoli. La scadenza a 10 anni offre più della scadenza a 2 anni. Ci sono fasi, però, in cui si verifica l’opposto: il rendimento a 10 anni è inferiore al rendimento a 2 anni. Quando ciò accade, il mercato sconta condizioni monetarie più restrittive, a fronte di una minore inflazione nel lungo periodo. E di solito avviene prima di una crisi economica.

Ieri, il Treasury a 10 anni rendeva meno del 2,80% e il Treasury a 2 anni quasi il 3,25%. Dunque, lo spread 10/2 anni si aggirava in area -0,45%. All’inizio dell’anno, stava a +0,80%. La caduta sottozero è arrivata agli inizi di luglio, non a caso in coincidenza con i timori di recessione. La curva dei bond americani si è invertita e sembra accentuare questa direzione di seduta in seduta.

Dal rialzo dei tassi FED alla recessione

In un certo senso, il mercato ci segnala che il rialzo dei tassi della Federal Reserve finirà per mandare in crisi l’economia americana, frenando l’inflazione. Le aspettative a cinque anni sono scese al 2,65% dal 3,56% toccato a marzo. Restano superiori al target FED del 2%. Ed è anche per questo che il governatore Jerome Powell ancora a settembre dovrà alzare i tassi d’interesse non meno dello 0,50%.

Il report sull’occupazione non agricola di luglio, d’altra parte, non lascia spazio a tentennamenti: sono stati creati 528.000 posti di lavoro in un mese, il doppio delle previsioni.

Se vogliamo, siamo dinnanzi a un paradosso: l’economia americana e, in particolare, il suo mercato del lavoro starebbero andando così bene da richiedere una stretta monetaria decisa della FED contro l’inflazione. E il maxi-rialzo dei tassi atteso genera aspettative negative sull’economia, facendo invertire la curva dei bond. Come dire che un “raffreddamento” dell’inflazione senza una recessione vera e propria appare improbabile.

[email protected] 

 

Giuseppe Timpone

In InvestireOggi.it dal 2011 cura le sezioni Economia e Obbligazioni. Laureato in Economia Politica, parla fluentemente tedesco, inglese e francese, con evidenti vantaggi per l'accesso alle fonti di stampa estera in modo veloce e diretto. Da sempre appassionato di economia, macroeconomia e finanza ha avviato da anni contatti per lo scambio di informazioni con economisti e traders in Italia e all’estero.
Il suo motto è “Il lettore al centro grazie a una corretta informazione”; ogni suo articolo si pone la finalità di accrescerne le informazioni, affinché possa farsi un'idea dell'argomento trattato in piena autonomia.

Lascia un commento

Your email address will not be published.

sul tema OBBLIGAZIONI

Il PD di Letta lancerà l'IMU prima casa?
Articolo precedente

Ora il PD di Letta può sbizzarrirsi sulle tasse: dopo la patrimoniale IMU su prima casa?

QT passivo della BCE dal 2023
Articolo seguente

Occhio all’acquazzone estivo, la difesa BCE dallo spread è limitata