La curva di Phillips è smentita ancora dalla crisi sul mercato del petrolio

La teoria economica basata sulla curva di Phillips s'imbatte nella dura realtà di questa fase, che come negli anni Settanta, sembra sconfessarne anche la sola esistenza. Vediamo perché.
9 anni fa
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La curva di Phillips smentita ancora

La lotta all’inflazione negli USA passò effettivamente per una fase di recessione, quella del 1981-’82, ma fu seguita da un periodo di crescita, tale per cui alla fine del secondo mandato di Reagan, l’economia americana era cresciuta in termini reali del 38% rispetto al 1980. Quel che sta accadendo in questi anni, dopo la crisi finanziaria del 2008-’09, sembra confermare al rovescio la critica monetarista di Friedman. Diverse economie avanzate sono tornate a crescere, ma in uno stato di inflazione zero o, addirittura, di deflazione, mentre molte economie emergenti, produttrici di materie prime, assistono a un rallentamento della loro crescita o anche a una recessione, contestualmente a un’impennata dei loro tassi d’inflazione.

Ciò è dovuto al collasso dei prezzi delle commodities ai minimi del Millennio, un caso opposto a quello di 40 anni fa, ma che vede le banche centrali delle principali economie reagire con un allentamento delle politiche monetarie, come allora.

Il mancato legame tra inflazione e crescita

Abbiamo, quindi, che l’inflazione oscilla intorno allo zero in Svezia, dove il pil cresce quest’anno del 3,7%; che in Svizzera sia negativa, mentre l’economia avanza di poco, ma avanza; che nell’Eurozona e negli USA, nonostante tutti i tentativi delle rispettive banche centrali di rianimare i prezzi, l’inflazione resta prossima allo zero, mentre il pil tende a crescere. Viceversa, il Brasile sperimenta un’inflazione al 10% e un pil in calo del 3%, l’Argentina vanta uno dei tassi di crescita dei prezzi più alti al mondo (+24-25%), ma la sua economia è stagnante; per non parlare del Venezuela, dove l’inflazione viaggia a 3 cifre, mentre il pil arretra del 10%. Eppure, commentatori, politici, banchieri di ogni angolo del pianeta continuano a ribadire la necessità di innalzare l’inflazione per stimolare la crescita, in totale contrasto con l’evidenza.

La stessa Svezia, che in questi mesi cresce al ritmo di boom economico, vede diminuire la disoccupazione, ma teme la bassa inflazione o lo scivolamento nella deflazione, tanto che la Riksbank avverte di essere pronta a intervenire anche sul mercato dei cambi per stimolare i prezzi. Una strenua difesa di una teoria apparentemente sconfessata già oltre 40 anni fa, ma a conferma che il dibattito economico sul punto tende ad alimentarsi di decennio in decennio e discrimina tra le varie identità politiche esistenti.    

Giuseppe Timpone

In InvestireOggi.it dal 2011 cura le sezioni Economia e Obbligazioni. Laureato in Economia Politica, parla fluentemente tedesco, inglese e francese, con evidenti vantaggi per l'accesso alle fonti di stampa estera in modo veloce e diretto. Da sempre appassionato di economia, macroeconomia e finanza ha avviato da anni contatti per lo scambio di informazioni con economisti e traders in Italia e all’estero.
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