La curva di Phillips smentita ancora
La lotta all’inflazione negli USA passò effettivamente per una fase di recessione, quella del 1981-’82, ma fu seguita da un periodo di crescita, tale per cui alla fine del secondo mandato di Reagan, l’economia americana era cresciuta in termini reali del 38% rispetto al 1980. Quel che sta accadendo in questi anni, dopo la crisi finanziaria del 2008-’09, sembra confermare al rovescio la critica monetarista di Friedman. Diverse economie avanzate sono tornate a crescere, ma in uno stato di inflazione zero o, addirittura, di deflazione, mentre molte economie emergenti, produttrici di materie prime, assistono a un rallentamento della loro crescita o anche a una recessione, contestualmente a un’impennata dei loro tassi d’inflazione.
Il mancato legame tra inflazione e crescita
Abbiamo, quindi, che l’inflazione oscilla intorno allo zero in Svezia, dove il pil cresce quest’anno del 3,7%; che in Svizzera sia negativa, mentre l’economia avanza di poco, ma avanza; che nell’Eurozona e negli USA, nonostante tutti i tentativi delle rispettive banche centrali di rianimare i prezzi, l’inflazione resta prossima allo zero, mentre il pil tende a crescere. Viceversa, il Brasile sperimenta un’inflazione al 10% e un pil in calo del 3%, l’Argentina vanta uno dei tassi di crescita dei prezzi più alti al mondo (+24-25%), ma la sua economia è stagnante; per non parlare del Venezuela, dove l’inflazione viaggia a 3 cifre, mentre il pil arretra del 10%. Eppure, commentatori, politici, banchieri di ogni angolo del pianeta continuano a ribadire la necessità di innalzare l’inflazione per stimolare la crescita, in totale contrasto con l’evidenza.