Non sono bastati 4 tagli dei tassi in appena 3 settimane, né la sospensione dei collocamenti di nuovi bond governativi per l’anno in corso, così come la minaccia del governatore Lars Rohde di fare tutto il possibile per contrastare le spinte speculative sulla corona danese; la Danimarca continua ad essere sotto pressione sul “peg”, il cambio fisso con l’euro, che dal 2000 ad oggi non è mai stato messo in discussione nel paese, come tra il 1982 e il 2000 non lo fu quello con il marco tedesco.
Si fa sempre più arduo il compito della banca centrale, che deve difendere un rapporto di riferimento di 7,46038 corone per un euro, ammettendo una tolleranza di oscillazione del 2,25%, ma nei fatti di appena lo 0,5%. Al momento, il cambio si attesta a 7,4450, lo 0,21% più forte dell’obiettivo dell’istituto, all’interno del range di tolleranza realmente perseguito. Ma la vera pressione sulla corona non è spiegata da questo dato, il quale potrebbe riflettere con ogni probabilità l’intervento della banca centrale a sostegno delle valute straniere. L’abbondanza degli afflussi di capitali si denota dal trend dei rendimenti dei bond governativi, sempre più bassi di seduta in seduta.
APPROFONDISCI – La Danimarca sotto tiro: gli investitori scommettono sulla corona. Presto un nuovo taglio dei tassi E così, un titolo a 2 anni rende adesso il -1%, uno a 3 anni il -0,72%, un quinquennale il -0,50% e i decennali stanno toccando nuovi minimi storici con rendimenti di appena lo 0,10%, tre volte più bassi degli omologhi tedeschi. Di questo passo si potrebbe realizzare la profezia degli analisti, che si attendono rendimenti negativi anche per la scadenza a 10 anni. A gennaio, le
riserve valutarie della banca centrale sono cresciute di 16,3 miliardi di dollari a un valore pari al 30% del pil. Per quanto elevato, siamo lontani dall’80% toccato in Svizzera, la cui banca centrale, la SNB, ha dovuto abbandonare un mese fa il cambio minimo con l’euro.
Copenaghen avrebbe ancora margini per difendere il “peg”, ma il vero problema sono i rendimenti dei bond governativi e privati. Se è vero che le riserve potrebbe anche triplicare, prima che l’istituto alzi bandiera bianca, è indubbio che il trend dei tassi non potrà proseguire su questa via. Le banche stanno iniziando a scaricare i
tassi negativi sui depositi presso la banca centrale, portati a -0,75%, sui clienti, ma hanno avvertito di temere la reazione furente dei risparmiatori.
APPROFONDISCI – Danimarca, le banche temono la rabbia dei clienti. Situazione esplosiva per Rangvid Sul mercato obbligazionario si hanno rendimenti negativi per le scadenze fino a 5 anni, mentre i mutui trentennali vengono concessi adesso all’1,5%, il tasso minimo di sempre. Non è un vero bene per un’economia alle prese con il debito privato più alto al mondo, pari al 300% del reddito disponibile delle famiglie. D’altra parte, l’abbandono del “peg” o la fissazione di un nuovo cambio di riferimento più realistico, più vicino a quota 7, potrebbe danneggiare le esportazioni danesi, per il 75% verso l’Eurozona, nonché fare scivolare l’economia verso la deflazione, quando già a gennaio si è registrata la prima discesa tendenziali dei prezzi dal 1954. Si stima che la corona si rafforzerebbe d’impatto anche del 20%, se il “peg” non esistesse più. Troppo alto il rischio, ma troppo costoso anche restare in trincea a difendere un cambio ritenuto poco credibile dal mercato.
APPROFONDISCI – Danimarca, perché l’isteria della banca centrale dimostra che il peg è insostenibile