Si moltiplicano i segnali di rischio per la tenuta del sistema Italia. Nel fine settimana scorso, migliaia di manifestanti si sono radunati a Milano per ascoltare le parole farneticanti di Antonio Pappalardo, ex Generale dei Carabinieri, oggi in pensione. Non avevano nulla di serio da ascoltare, ma se si sono assembrati è stato forse per inviare alle istituzioni un segnale di malessere, che ad oggi fatica ad essere recepito nei palazzi del potere. Qualche giorno prima, il governatore della Banca d’Italia, Ignazio Visco, aveva paventato il rischio di un crollo del pil del 13% per quest’anno e di una ripresa lenta per la nostra economia.
Cosa succede all’Italia se il pil crolla del 13% come avverte Visco (Bankitalia)?
Palazzo Chigi ha gestito l’Italia in questi mesi come un mega-lazzaretto, in cui il controllo delle abitudini di tutti i cittadini è stato maniacale. Nel nome della lotta al Covid-19, la libertà di movimento è stata quasi azzerata e quella economica ha seguito a ruota. Nel frattempo, il sostegno alle famiglie è stato limitato e lentissimo, tanto che ancora oggi esistono cassintegrati e partite IVA che non hanno visto il becco di un quattrino. Dinnanzi a tanta crescente insofferenza, il governo punta il dito contro le opposizioni, ree di sfruttare la rabbia sociale per ragioni di consenso.
Eppure, queste opposizioni così meschine sono state in grado in quasi tre mesi di organizzare solo una manifestazione con tanto di bandiera tricolore e totalmente pacifica e non urlata. Chissà cosa avrebbero fatto al loro posto gli uomini e le donne del “Vaffa day” oggi al governo? Preoccupa questa concezione dirigista dell’economia e di anestetizzazione della dialettica democratica che impera a Palazzo Chigi, dove il paternalismo dello stato ha ottenuto il suo trionfo, schiacciando il senso di responsabilità individuale su cui sarebbe stato più opportuno fare leva per contrastare la diffusione del virus.
Monta la rabbia e le risposte non ci sono
Il fantomatico “modello italiano” ha esitato alla giornata di ieri 233.836 casi accertati positivi e 33.601 morti, rispettivamente 3,9 e 0,56 ogni 1.000 abitanti. La Svezia, che non ha nemmeno varato un vero “lockdown” e che per questo è finita in croce nelle cronache internazionali, ha visto nello stesso arco di tempo 40.803 casi positivi e 4.542 morti, rispettivamente 4 e 0,44 ogni 1.000 abitanti. A fronte di risultati complessivamente migliori, quindi, Stoccolma avrà impattato meno sulla sua economia di quanto non abbia fatto e continui a fare Roma. La nostra è quella che si definisce una condizione “Pareto-inefficiente”, cioè avremmo potuto raggiungere risultati migliori a parità di costi sostenuti o gli stessi risultati, ma con minori costi.
Quel che è peggio è che il governo persevera diabolicamente nei suoi errori, compiaciuto del disastro sotto gli occhi di tutti. Ritiene di aver svolto un lavoro eccelso e che la linea del dirigismo statalista sia quella da seguire, con nazionalizzazioni, restrizioni a imprese e attività commerciali studiate senza alcun coinvolgimento dei destinatari, prezzi controllati sui dispositivi di sicurezza, licenziamenti bloccati e aiuti a pioggia (teorici) con cui sostentare le infinite categorie colpite dall’emergenza, senza prospettare alcun rilancio e alcuna visione per il dopo. Del resto, al governo vi sono i fautori della “decrescita felice”, gli oppositori a tutte le grandi opere e i sostenitori della giustizia manettara e dei controlli invasivi per stanare gli evasori fiscali.
Ma la rabbia monta e se non è sfociata ad oggi in proteste violente è per l’assenza di opposizioni irresponsabili che la cavalchino. Per il governo, però, nemmeno la critica è ammessa, in nome dell’unità contro l’emergenza.
La peggiore crisi sotto la peggiore sinistra al governo