Brutte notizie per il diesel. Ieri, la Corte Federale di Lipsia ha disapplicato la normativa federale tedesca, che vieta alle autorità locali di imporre lo stop alla circolazione delle auto in Germania per i casi di superamento dei limiti di inquinamento, avallando la possibilità per i sindaci di fermare la circolazione delle auto Euro 4 sin da subito e di quelle Euro 5 dal settembre del 2019. Ad oggi, il divieto poteva essere imposto fino alle auto Euro 3. In tutto, ben 9 milioni di veicoli, quelli prodotti dal settembre 2009, nella prima economia europea rischiano di restare in garage, qualora le autorità cittadine iniziassero sin da subito in pratica lo stop.
Secondo uno studio della UE, ogni anno in Europa morirebbero prematuramente 400.000 cittadini per le emissioni inquinanti, specie a causa dell’ossido di nitrogeno, di cui per il 40% sono responsabili proprio le auto. Per questo, Bruxelles impone un limite di 40 microgrammi per metro cubo, che in teoria avrebbe dovuto essere rispettato già nel 2010, ma che ad oggi risulta eluso in gran parte della Germania. E il diesel è considerato il principale inquinante per la presenza di queste sostanze nocive per la salute, nonostante garantisca agli automobilisti una maggiore efficienza nei consumi di carburante.
Accordo di Parigi: Trump sotto attacco, ma ecco perché l’Europa è ipocrita
Diesel sotto attacco, fine di un’era
La sentenza di Lipsia arriva in un momento delicato per il diesel. Qualche giorno fa, la sinora riluttante Fiat Chrysler ha annunciato che cesserà la produzione di motori a diesel entro il 2022, aggiungendosi alla lunga lista delle case concorrenti, che hanno già iniziato ad abbandonare questa tipologia di carburante. Nella stessa Germania, le vendite di auto con motore a diesel sono crollate ad appena un terzo del totale dal 51% del 2015 e si prevede che la percentuale scenda nella media dell’anno al 25%.
La Germania è la patria del diesel e le pressioni dell’industria automobilistica sul governo federale sono state ad oggi molto forti, affinché non attui una politica di divieti, accelerandone la fine. Non a caso, nei mesi scorsi la cancelliera Angela Merkel aveva annunciato che non avrebbe imposto limitazioni normative al diesel, frustrando le attese degli ambientalisti, che l’hanno accusata di tradire le promesse relative all’agenda verde sul raggiungimento degli obiettivi fissati per ottemperare all’Accordo di Parigi. Il tema fu momento di frizione con i Verdi nel corso delle trattative, fallite, per la formazione di un governo a tre con anche i liberali dentro.
Che il diesel sia un tema caldo in Germania lo conferma anche l’accordo sottoscritto tra conservatori e socialdemocratici, nell’ambito delle trattative per la Grosse Koalition, per cui i primi hanno ottenuto dai secondi che il prossimo governo a guida Merkel non estenderà alcun divieto di circolazione per le auto con motore diesel. Ma la sentenza di ieri irrompe in maniera piuttosto eclatante sul palcoscenico politico nazionale, perché adesso la cancelliera è costretta a prendere atto del contraccolpo che l’industria automobilistica tedesca subirà. E si tratta di un settore che l’ha sostenuta apertamente in questi anni e che a sua volta ha goduto di sostegno dai conservatori nei mesi difficili del “dieselgate”, lo scandalo che ha colpito la Volkswagen negli USA nel 2015 e che tra risarcimenti e modifiche ai motori delle auto di 11 modelli incriminati sarà costato alla casa di Wolfsburg sui 22-23 miliardi.
Scandalo Volkswagen, ecco i trucchi ai test delle case di auto europee
Problemi politici in Germania
In realtà, i veri problemi sin da subito arriverebbero dai 9-10 milioni di automobilisti, che rischiano di non avere più accesso alle strade di almeno una cinquantina di città in Germania.
Un modo per evitare il peggio, in teoria, vi sarebbe. Esistono dispositivi hardware, che installati nei motori a diesel ne abbatterebbero le emissioni inquinanti del 70%. Il problema sta nei costi: all’incirca 1.200-1.400 euro l’uno. Se dovesse sobbarcarsi il costo l’industria automobilistica, gli oneri attesi si aggirerebbero sui 14,5 miliardi di euro. Da qui, il dibattito che sta nascendo in Germania: perdite a carico delle case automobilistiche o dei contribuenti, in questo secondo caso tramite finanziamenti pubblici una tantum? Per un governo con una trentina di miliardi di attivo fiscale a disposizione, sarebbe forse un problema di gran lunga inferiore a quello che si ritroverebbero ad affrontare le altre capitali europee. Tuttavia, quell’attivo è stato in buona parte già impegnato per misure di spesa sociale e per il taglio delle tasse perseguito dai due schieramenti. E il rischio ora è che gli elettori socialdemocratici, chiamati a votare l’accordo, temano che non venga rispettato anche in conseguenza della grana diesel e voltino le spalle al loro partito.
Germania, sondaggi allarmanti per Grosse Koalition