Fino a pochi mesi fa, la Germania veniva considerata giustamente un modello da seguire nella lotta contro il Covid. A distanza di un anno dall’arrivo in Europa della pandemia, possiamo affermare senza molti dubbi che i tedeschi nel corso della prima ondata dei contagi ebbero sostanzialmente fortuna. La seconda ondata metteva già a nudo tutte le fragilità della prima economia continentale nell’affrontare l’emergenza. Nonostante fosse attesa, Berlino non si rivelava capace di farsi trovare preparata e riproponeva le stesse soluzioni della primavera precedente, frustrando milioni di famiglie, costrette a tenere i figli a casa per via della chiusura delle scuole e a subire i notevoli ritardi dello stato nelle erogazioni dei ristori legati all’impossibilità di lavorare.
Per non parlare delle liti quotidiane tra governo federale e Laender sulle misure da adottare contro il Covid. Come in Italia, se non di più. Ma il peggio la Germania lo ha dato negli ultimi tre mesi, vale a dire con l’avvio delle vaccinazioni. Tutti ci aspettavamo che ancora una volta dimostrasse al mondo quanto fosse efficiente, invece è accaduto il contrario. La lentezza con cui le dosi vengono somministrate alla popolazione appare disarmante. Persino la iper-burocratica e disorganizzata Italia riesce a fare meglio. Nei Laender orientali mancano medici e infermieri e le autorità si sono trovate costrette a ricorrere al personale della Croce Rossa. E nonostante il governo abbia comprato 30 milioni di dosi per conto proprio, cioè slegate dalla negoziazione europea, queste non stanno arrivando e i tassi di copertura della popolazione restano bassissimi: solo circa l’8% dei tedeschi risulta avere ricevuto almeno una dose, mentre i vaccinati scendono al 3,5%. Nel frattempo, i contagi salgono ai ritmi maggiori da fine gennaio, pur al momento accompagnati da un calo costante dei decessi. Ma dobbiamo considerare che questi seguono i nuovi positivi con una distanza temporale di alcune settimane.
Vaccinazioni lente in Germania e dietro l’Italia, mentre Israele ha iniziato i richiami
Il flop tedesco sui vaccini
Se già la situazione si mostrava critica, questa settimana è peggiorata. La cancelliera Angela Merkel ha concordato con i principali partner europei la sospensione della somministrazione di AstraZeneca, sentendosi replicare a qualche giorno di distanza dall’EMA, l’Agenzia europea per il farmaco, che il vaccino inglese sia sicuro, sebbene una decisione formale verrà resa nota solo oggi. Oggetto dei timori sono stati e forse restano alcuni casi di trombosi in persone che hanno ricevuto le dosi, legati al coagulo del sangue.
Gli esperti nutrono un forte sospetto che la campagna vaccinale sia stata irreparabilmente danneggiata in tutta l’Unione Europea. Difficile rassicurare una popolazione già di suo scettica e alla quale è stato veicolato il messaggio che il vaccino inglese non sarebbe sicuro e provocherebbe morti sospette. Un lusso, che il continente non poteva permettersi. La gestione delle vaccinazioni era stata fin troppo pessima da parte della Commissione, la cui presidente è la tedesca e fedelissima di Frau Merkel, Ursula von der Leyen. Contratti scritti male, siglati in ritardo e con scarse tutele in fase di approvvigionamento. La Germania sta facendo una bruttissima figura sul piano internazionale, dopo che per mesi era stata lodata come un’oasi di efficienza in un deserto di competenze.
Domenica scorsa, gli elettori hanno fatto recapitare un “pizzino” alla cancelliera, quando mancano sei mesi al voto federale che decreterà la fine della sua lunga era alla guida del governo. La CDU ha perso consensi nei due Laender in cui si è votato per rinnovare il Parlamento regionale (Baden-Wuerttemberg e Renania-Palatinato). In entrambi i casi, quasi certamente governerà un’alleanza composta tra SPD, Verdi e liberali della FDP. La “coalizione semaforo” si prospetta anche sul piano nazionale, con i conservatori che rischiano di tornare all’opposizione dopo 16 anni.
Il partito della Merkel scivola in Germania e la prospettiva di una coalizione “semaforo” avanza
La caduta della Germania merkeliana
Oltre alla pessima gestione della pandemia negli ultimi mesi, alcuni scandali stanno segnando la fine dell’era Merkel. Alcuni parlamentari cristiano-democratici sono accusati di avere intascato mazzette per esportare mascherine all’Azerbaijan (c.d. “Maskenaffaere”). Sempre sulle mascherine è stato coinvolto dalle indagini il figlio di Armin Laschet, attuale segretario della CDU, le cui chance di correre per la cancelleria sono così crollate drasticamente, quelle di arrivarci rasentano lo zero. Ad un tratto, la Merkel è diventata un Re Mida al contrario: tutto ciò che tocca va in malora. A rischio evidentemente non c’è più la sua leadership ormai al crepuscolo, bensì quella della Germania.
Già, perché la geopolitica si è mossa bruscamente negli ultimi mesi. L’Italia ha al comando non più un premier “tollerato”, ma un certo Mario Draghi, la cui autorevolezza al momento risulta superiore a quella persino del presidente francese Emmanuel Macron, a sua volta in corsa per la rielezione nel 2022. Tra assenza di un chiaro successore dopo la Merkel e passi falsi commessi a Berlino come a Bruxelles sulla pandemia, la cancelliera non solo non intimorisce più, ma viene sempre più percepita come pleonastica sul piano della risoluzione dei problemi. E la sua uscita di scena non sarebbe solitaria. A rischio vi è la poltrona di Ursula von der Leyen, che nel caso di un governo federale tedesco senza la presenza dei conservatori, non avrebbe più nessuno a difenderla dalle sue gaffes pressoché quotidiane. L’asse Roma-Parigi si consolida proprio sulla prospettiva di mitigare l’influenza tedesca nell’era post-merkeliana.
Vaccino AstraZeneca sospeso, ecco cosa c’è dietro alle morti sospette in Europa