Il Parlamento di Atene ha approvato il Memorandum d’Intesa siglato tra la Grecia e i creditori pubblici (UE, BCE e FMI), condizione preliminare per l’approvazione del nuovo piano di salvataggio da 85 miliardi in 3 anni da parte dell’Eurogruppo, che questo pomeriggio terrà una riunione ad hoc dall’esito non scontato e che potrebbe limitarsi ad erogare un prestito-ponte da 6 miliardi, stando alle indiscrezioni rilanciate dalla stampa tedesca. Ebbene, con l’accettazione delle condizioni annesse al varo dei nuovi aiuti, cambia immediatamente il sistema previdenziale ellenico, che ad oggi ha consentito ai greci di andare in pensione anche dai 50 anni in poi.
Pensioni Grecia, spesa dimezzata
Con queste misure, la Grecia dovrebbe risparmiare nei prossimi 3 anni 48,5 miliardi di euro, mentre dal 2017 sono attesi risparmi annui per 28,5 miliardi all’anno. Se questi numeri potrebbero non dirvi molto, a prima vista, tenete presente che un punto di pil è pari ad appena 1,8 miliardi, per cui si stanno ipotizzando sin da subito risparmi pari a circa l’8,5% del pil e nel medio-lungo termine al 16% del pil attuale.
Crescita Grecia non reale, l’economia cede ancora
Questa riforma, per quanto draconiana, renderebbe sostenibile il sistema pensionistico ellenico, finora il più squilibrato d’Europa e uno dei più generosi e squilibrati al mondo. Ma sarà veramente in grado la classe politica di Atene di trasformare tali norme in atti concreti o si limiterà a ricevere gli aiuti europei per rimettere nuovamente tutto in discussione in autunno? E quale sarà l’impatto sul pil di una riforma, che punta a sottrarre nell’immediato redditi per oltre 16 miliardi all’anno? Assisteremo a un avvitamento dell’economia su sé stessa? Nel frattempo, godiamoci la “bella” notizia del ritorno alla crescita della Grecia, pubblicata dall’Elstat di Atene. Nel secondo trimestre, il pil è cresciuto dello 0,8% sui primi 3 mesi dell’anno e dell’1,4% su base annua. Ma attenzione a gioire. In primis, perché i dati coprono l’andamento dell’economia fino al 30 giugno scorso, ma non possono ancora fotografare gli effetti nefasti che sin da luglio hanno comportato i controlli sui capitali, i quali hanno decimati i commerci, le transazioni, facendo balzare il numero dei posti di lavoro “distrutti” nel mese ai massimi da 15 anni e lasciando sprofondare il Pmi manifatturiero al record minimo di 32 punti (50 punti segna il confine tra crescita e contrazione dell’attività).