Anche una misura come la Naspi, ossia la Nuova assicurazione sociale per l’impiego, nel 2025 si presenta ricca di novità e cambiamenti. Persino l’indennità per disoccupati INPS, che da anni non subisce modifiche a eccezione del periodico aggiornamento dei limiti di importo massimo, nel 2025 cambia pelle.
Si tratta di diverse novità che vale la pena approfondire, anche perché riceviamo numerosi quesiti dai nostri lettori in merito ai licenziamenti che equivalgono alle dimissioni, o alla durata delle attività lavorative che danno diritto alla Naspi dopo aver abbandonato volontariamente un precedente impiego.
Ecco dunque, con alcuni esempi, come funzionano queste novità.
La guida pratica alla nuova Naspi 2025, ecco tutte le novità e gli esempi
Iniziamo da come si matura nuovamente il diritto alla Naspi dopo averlo perso a seguito di dimissioni volontarie. La Naspi spetta se il lavoro si perde in modo involontario: quindi licenziamento di qualunque genere (individuale, collettivo, perfino disciplinare), dimissioni per giusta causa, scadenza di contratto a termine o risoluzione consensuale.
Non spetta invece in caso di dimissioni ordinarie. La durata della Naspi è pari alla metà delle settimane di assunzione maturate negli ultimi 4 anni.
Ecco come recuperare mesi di Naspi anche dopo le dimissioni nel 2025
In caso di dimissioni volontarie, il diritto alla Naspi viene perso. In altre parole, chi abbandona volontariamente il proprio impiego perde la disoccupazione. Tuttavia, come detto, la durata della Naspi si basa sugli ultimi quattro anni di lavoro.
Ciò significa che tutti i periodi lavorativi che non hanno già dato diritto a precedenti periodi di disoccupazione valgono comunque, anche se si erano conclusi con dimissioni volontarie.
L’importante è che l’ultimo rapporto di lavoro sia terminato per cause non imputabili al lavoratore.
Facciamo un esempio: un lavoratore ha prestato servizio, negli ultimi 4 anni, presso due diverse aziende. Dalla prima si è dimesso, poi ha instaurato un rapporto a tempo determinato con la seconda. Alla fine del contratto con la seconda azienda, il lavoratore avrà diritto sia ai 12 mesi di Naspi maturati per i 2 anni di servizio presso quest’ultima, sia ai 12 mesi di Naspi maturati con la precedente azienda.
E ciò anche se aveva lasciato il primo impiego con dimissioni volontarie.
Ok il diritto alla Naspi per i mesi precedenti di lavoro, ma attenti alle novità
Nell’esempio precedente, il lavoratore si è dimesso da un’azienda e poi ha trovato nuova occupazione presso un’altra. Per riacquisire il diritto alla Naspi nel 2025, pur dopo aver rassegnato le dimissioni da un precedente lavoro, occorre trovare una nuova assunzione che duri almeno tre mesi.
Stop quindi a brevi periodi di lavoro (spesso fittizi) finalizzati esclusivamente a “scavalcare” il vincolo delle dimissioni. Da ora in poi, sono richiesti almeno 90 giorni di nuova assunzione.
Pertanto, un lavoratore che si è dimesso e viene assunto in un’altra azienda per poi essere licenziato dopo soli 2 mesi, non potrà accedere alla Naspi, anche se l’ultimo contratto si è concluso con un licenziamento.
Se invece il licenziamento avviene dopo 3 mesi, la Naspi diventa nuovamente un suo diritto.
Dimissioni e licenziamenti, ecco una cosa a cui stare attenti
Un’altra novità della Naspi riguarda i licenziamenti dovuti a troppe assenze ingiustificate. Un lavoratore che si assenta ripetutamente, senza giustificazioni adeguate, può essere sottoposto a richiami e procedimenti disciplinari. Se le assenze ingiustificate continuano, si rischia il licenziamento. In questo caso, nonostante sia formalmente un licenziamento disciplinare, la Naspi non spetta.
Infatti, con le modifiche 2025, il dipendente che, assentandosi ripetutamente, induce il datore di lavoro a licenziarlo, viene equiparato a un dimissionario. E pertanto, perde il diritto alla Naspi.