La liquidità non è più gratis per le banche, i risparmiatori rialzano la testa dopo anni di tassi a zero

Dopo anni di tassi a zero, la liquidità costa alle banche e i risparmiatori possono ora approfittarne per non soccombere all'inflazione.
10 mesi fa
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Liquidità non più a costo zero, risparmiatori favoriti
Liquidità non più a costo zero, risparmiatori favoriti © Licenza Creative Commons

C’era un tempo in cui la liquidità per le banche scorreva a fiumi e gratis. Anzi, era persino sottocosto grazie alla Banca Centrale Europea (BCE), che la prestava a tassi di interesse negativi. Anni terribili per i risparmiatori, italiani e del resto d’Europa. Conti correnti e deposito senza alcuna remunerazione. Una pernacchia ai sacrifici. Ma la situazione è notevolmente cambiata negli ultimi tempi. A gennaio di quest’anno, in media in Italia un conto deposito offriva lo 0,99% e un conto corrente lo 0,55%.

Può sembrare pochissimo, ma il dato diventa molto più interessante per le nuove offerte: 3,83%. E il confronto con due anni prima, quando ancora la BCE teneva i tassi a zero, dice tutto: 0,31% per un conto deposito, 0,02% per un conto corrente. E le nuove offerte allora per un conto vincolato erano allo 0,49%.

Tassi reali sui conti positivi

Sempre a gennaio, l’inflazione italiana era allo 0,8%. Secondo il mercato, si attesterà mediamente intorno all’1% per i prossimi cinque anni. Sperando che queste previsioni si rivelino azzeccate, significa che i risparmiatori oggi avrebbero la possibilità di tornare a proteggere la loro liquidità dalla perdita del potere di acquisto, semplicemente depositandola in banca.

Liquidità da banche a BTp

A far lievitare i tassi sui conti bancari non è stato soltanto e tanto l’aumento del costo del denaro in sé. Nei primi undici mesi dello scorso anno, i risparmiatori hanno spostato quasi 121 miliardi a favore dei titoli di stato. E da dove li hanno presi? I prelievi netti di liquidità presso le banche italiane sono stati nello stesso periodo per 54,6 miliardi. Pur restando alla cifra elevata di 1794 miliardi, il segnale è incontrovertibile. Le banche stanno accusando la concorrenza dello stato e devono cercare di trattenere i clienti alzando i tassi sulle nuove offerte proposte.

Questo trend sta sì beneficiando i risparmiatori, ma non sembra destinato a durare a lungo.

Per due ragioni fondamentali. La prima è che i rendimenti di mercato sono già in discesa dai massimi toccati in ottobre. Infatti, la BCE dovrebbe entro qualche mese iniziare a tagliare i tassi. Secondariamente, la liquidità a disposizione delle banche continua a risultare decisamente superiore alle erogazioni di prestiti e mutui. Su 100 euro in cassa, gli istituti ne prestano al settore privato non più di 80. Ciò allenta su di loro la pressione per proseguire con l’aumento dei tassi su conti correnti e deposito. Possono permettersi di perdere una fetta della clientela senza subire contraccolpi al proprio “core” business.

“Pacchia” per i risparmiatori verso il capolinea

D’altra parte, i risparmiatori stanno sì approfittando dell’aumento dei tassi, ma al contempo le banche più grandi non figurano tra le offerenti migliori. Pensate che le offerte di Intesa Sanpaolo e Unicredit, che da sole incidono per quasi la metà dei depositi italiani, non rientrano nemmeno tra le migliori 35 soluzioni indicate dai siti di comparazione per entità del tasso proposto. Questo vuol dire anche che le offerte più accattivanti stanno arrivando dalle banche minori. E bisogna anche verificarne il grado di solidità patrimoniale prima di giudicarle effettivamente tali. Una banca può darti il 4% su un conto deposito a 12-24-36 mesi, perché non possiede alternative più economiche per attirare liquidità e magari ne ha un impellente bisogno.

In definitiva, dovremmo aspettarci che il meglio sia alle spalle o in corso d’opera, mentre nei prossimi mesi è probabile che i risparmiatori in banca troveranno contratti loro meno favorevoli. D’altra parte hanno iniziato ad arretrare bruscamente i tassi sui mutui a gennaio, il segno che sul fronte dei ricavi le banche hanno raggiunto il picco e, a seguire, accadrà similmente per i tassi passivi. E se ieri il primo giorno di collocamento del BTp Valore 2030 (ISIN: IT0005583478) si è rivelato un successo oltre le due precedenti emissioni, significa che effettivamente in giro di tassi così allettanti tra le offerte delle banche italiane non ve ne siano poi così tante.

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Giuseppe Timpone

In InvestireOggi.it dal 2011 cura le sezioni Economia e Obbligazioni. Laureato in Economia Politica, parla fluentemente tedesco, inglese e francese, con evidenti vantaggi per l'accesso alle fonti di stampa estera in modo veloce e diretto. Da sempre appassionato di economia, macroeconomia e finanza ha avviato da anni contatti per lo scambio di informazioni con economisti e traders in Italia e all’estero.
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