Il presidente Erdogan è tornato a parlare dopo l’ultimo taglio dei tassi della settimana scorsa e la lira turca è precipitata in queste ore negli abissi. Mentre scriviamo, perde oltre l’8% contro il dollaro a un cambio di 12,30. Nei minuti precedenti, aveva toccato un minimo di 12,49. Da inizio anno, segna un pesantissimo -40% contro la valuta americana. Il capo dello stato non solo ha difeso il taglio dei tassi e rivendicato le pressioni sulla banca centrale per ottenerlo, malgrado l’inflazione sia salita a poco meno del 20% in ottobre.
Tra settembre e novembre, la banca centrale ha tagliato i tassi di 400 punti base (4%) in tutto, portandoli al 15%. Il governatore Sahap Kavcioglu ha contravvenuto alla sua promessa di tenere il costo del denaro sopra il tasso d’inflazione, salito al 19,89%. L’istituto ha perso ogni credibilità sui mercati, anche perché è palese che non possegga più alcuna autonomia dal potere politico.
Lira turca, crollo senza sosta
Secondo Société Générale, servirebbe un board d’emergenza per alzare i tassi e portarli al 19% entro la fine dell’anno. Nel 2018, nel pieno della tempesta finanziaria che aveva anche allora travolto la lira turca, la banca centrale si convinse a rialzare i tassi d’interesse fino al 24%. Tuttavia, la stretta monetaria durò meno del previsto e del necessario su pressione del governo ed fu proprio questo allentamento veloce ad avere allontanato i capitali stranieri da Ankara, unitamente al licenziamento da parte di Erdogan di tre governatori in due anni e mezzo e all’esautoramento di tutte le voci critiche dentro l’istituto sul taglio dei tassi.
Tra questi c’è Semih Tumen, che in queste ore è tornato a farsi sentire, invocando che la banca centrale torni a politiche “di qualità” e razionali.