Salta l’emendamento che prevedeva l’introduzione di una tassa patrimoniale sulle grandi ricchezze. Inizialmente proposto da Pd e Leu in manovra di bilancio, era stato inizialmente emendato e poi reintrodotto in Commissione Bilancio.
Ieri la notizie che il testo è stato nuovamente cancellato. Dopo aver ricevuto il parere negativo di governo e relatori, è stato ritirato il testo della proposta di modifica di Nicola Fratoianni (Leu) e Matteo Orfini (Pd) che chiedeva di istituire una patrimoniale.
Ritirata la patrimoniale proposta da Pd e Leu
Leu ha ritirato anche l’emendamento che introduceva un contributo di solidarietà a carico delle grandi ricchezze.
Per il 2021, invece, si prevedeva un’aliquota del 3% per i patrimoni superiori al miliardo di euro. L’emendamento prevede inoltre, per i patrimoni all’estero “suscettibili di produrre redditi imponibili in Italia“, multe che vanno dal 3% al 15% dell’importo non dichiarato.
Patrimoniale e fake news
Così, contrariamente a quanto riportato da alcuni organi di informazione cartacei e web dal tono particolarmente allarmistico, tutto è andato scemando. Come da previsioni. Del resto questo governo ha sempre sostenuto che una patrimoniale non si sarebbe mai fatta e che non era nel programma. In ogni caso – commenta il Ministro all’Economia Roberto Gualtieri – sarebbe stato da “irresponsabili” introdurre altre tasse in un periodo congiunturale come questo. E poi una patrimoniale già c’è e la stiamo pagando tutti gli anni (vedi Imu e imposte sui conti correnti e di deposito).
Sul punto il Movimento 5 Stelle è sempre stato categorico:
“non esiste mettere le mani nelle tasche degli italiani. A maggior ragione in un momento difficile come questo con la Bce a supporto delle nostre finanze pubbliche. Si parta tagliando gli stipendi dei politici, Orfini compreso”.
Il rischio però c’è
Fugato per quest’anno l’incubo di un prelievo forzoso sulle grandi ricchezze, il tema non è però destinato a tramontare. Il debito pubblico astronomico accumulato dallo Stato non è più contenibile con la sola crescita economica, ammesso che ci sarà. Da qualche parte bisognerà andare a prendere i soldi. E gli italiani sono brandi risparmiatori, questo si sa.
Così lo spettro di un’altra patrimoniale, oltre a quelle che già paghiamo ogni anno, non sparirà con la manovra di bilancio di quest’anno. Quando la pandemia sarà finita e si tireranno le somme, l’Europa (o meglio la Germania) tornerà a fare i conti in tasca all’Italia imponendo il solito rigore alla spesa pubblica.
Gli italiani si aspettano un prelievo forzoso sui conti. Ma la strada da percorrere, contrariamente a quanto si possa credere, memori del passato del governo Amato nel 1992, è un’altra. Anche perché oggi come oggi, i capitali fuggirebbero subito all’estero.
Nelle intenzioni dei tecnici del Mef ci sarebbero altre ipotesi, come quella di reintrodurre l’Imu sulla prima casa con esenzioni solo per che ha redditi bassi. Ma anche l’innalzamento delle aliquote fiscali per donazioni e successioni che sono le più basse d’Europa. Così come la revisione delle rendite catastali ferme al 1989.
La ricchezza privata a sostegno della crisi
Nella crisi attuale, per il 46,6% degli italiani la ricchezza privata, se ben gestita, può rappresentare una opportunità preziosa per il Paese. Solo il 23,8% la ritiene infruttuosa e il 26,5% un furto. E quasi la metà degli italiani è favorevole a riconoscere vantaggi fiscali a chi investe, non importa quanto sia ricco.
Non è prevalente l’immagine del ricco egoista, disinteressato alle sorti del proprio Paese. Una buona finanza, che trasferisca fondi dal portafoglio dei risparmiatori abbienti verso strumenti di investimento nell’economia reale, è possibile per l’84,9% degli italiani, necessaria per l’87,4%.
I diavoli della finanza non abitano qui. Gli italiani non sono rimasti intrappolati nello stereotipo dello spregiudicato magnate speculatore. Però solo il 17,1% pensa che oggi in Italia la finanza sia all’altezza delle sfide che ha di fronte.
Per il 91,7% è importante che ci siano professionisti in grado di parlare alla mente, al cuore e al portafoglio dei benestanti, cioè consulenti capaci di convincerli a «investire italiano».