La produzione industriale nel mese di aprile è crollata di un altro 19,1% su marzo, ha comunicato ieri l’ISTAT. Il dato annuo è ancora più drammatico: -42,5%. Ricostruendo la serie storica da inizio anno, otteniamo che la caduta rispetto alla fine del 2019 sarebbe stata del 40,7% e che i livelli di fine aprile risultino sostanzialmente dimezzati rispetto a quelli di inizio 2018. E’ una vera apocalisse quella che sta colpendo l’economia mondiale, con contraccolpi molto pesanti sull’Italia. L’industria tricolore navigava in cattive acque già prima del Coronavirus.
Aggiornando il dato, scopriamo che all’aprile scorso producevamo circa il 54% in meno di 13 anni fa. Certo, già con l’allentamento del “lockdown” a maggio dovremmo aspettarci un rimbalzo mensile della produzione, pur ancora in forte calo su base annua. Ma pensare che di qui a qualche mese usciremo dai numeri negativi e che torneremo ai livelli pre-Coronavirus sarebbe un esercizio di ottimismo ingiustificato.
L’industria pesa per quasi il 20% del pil italiano e occupa circa 6 milioni di persone. Se i dati non migliorassero – ma per fortuna, dovrebbero già dal mese scorso – a rischio vi sarebbero circa 2 milioni e mezzo di occupati solamente in questo settore. Ma capite benissimo che il problema sia molto più serio, considerato che le restrizioni alla socialità peseranno particolarmente sui servizi, che a loro volta incidono per i tre quarti del pil. Bar, ristoranti, pub, lidi, negozi e uffici sono a rischio chiusura più della stessa industria e difficilmente da qui arriverà una mano di aiuto all’occupazione nei prossimi mesi.
L’economia italiana non è in crisi, ma in depressione: fermi da 20 anni e industria KO
Rischio seconda ondata
Il timore più grande riguarda una possibile seconda ondata di contagi. Dopo l’allentamento delle restrizioni, 22 stati negli USA stanno registrando nuovi focolai di Coronavirus, un fatto che spaventa la comunità scientifica, i governi e i mercati.
Altri, come il presidente del Consiglio superiore di sanità, Franco Locatelli, sostengono che il Coronavirus possa riapparire con il calo delle temperature, eventualmente a dicembre e non già subito dopo l’estate, non avendo il tempo per diffondersi dopo questi mesi di sonnecchiamento. Unica speranza, che si riproponga più debole di quanto lo sia stato in questi mesi, sebbene rimarrebbe letale. Il punto è che se dovessimo fare i conti con una seconda ondata di contagi, lo faremmo con casse dello stato ormai vuote e con una capacità di resilienza sociale ed economica assai più bassa. Saranno possibili nuovi “lockdown” o il governo dovrà porre rimedio alla crisi sanitaria con misure alternative e necessariamente più blande per impedire il collasso del tessuto sociale e produttivo?
Dinnanzi a queste cifre serve agire subito, approfittando del periodo estivo, quando verosimilmente i contagi dovrebbero scemare, per rimettere in moto fabbriche e commercio il più possibile, consapevoli tutti che potremmo dover affrontare il secondo tempo di questa terribile pellicola. Prima che eventualmente dovessimo tornare tutti con la testa sott’acqua per ripararci dalla pandemia, sarebbe indispensabile che riuscissimo a risalire a galla per prendere aria e fare scorte di ossigeno.
Perché la crisi economica provocata dal Coronavirus somiglia sempre più a una “L”