La pensione a 63 anni per i disoccupati nel 2025 tra Ape sociale e Naspi, ecco i chiarimenti

La pensione a 63 anni per i disoccupati nel 2025 parte dall'Ape sociale, ma cosa centra la Naspi e perché è obbligatoria.
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La pensione a 63 anni per i disoccupati nel 2025 tra Ape sociale e Naspi, ecco i chiarimenti
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L’Ape sociale è una misura che prevede la pensione a 63 anni per i disoccupati nel 2025, perché, anche se non c’è ancora l’ufficialità della legge di Bilancio, tutto sembra confermato. In altri termini, l’Anticipo pensionistico sociale, meglio noto come Ape sociale, sarà in vigore anche l’anno prossimo. E riguarderà le stesse categorie a cui da anni la misura si rivolge: invalidi, caregiver, addetti ai lavori gravosi e disoccupati.

Proprio per quest’ultima categoria, però, il 2024 è stato un anno particolare, perché, nonostante regole chiare e lapalissiane sull’Ape sociale, alcune sentenze di Tribunali hanno creato più di qualche dubbio riguardo all’interpretazione di queste regole.

E adesso vedremo di chiarire il tutto per la pensione a 63 anni per i disoccupati nel 2025.

“Salve, volevo un parere da voi esperti per quanto riguarda l’Ape sociale. Tempo fa lessi che per andare in pensione con l’Ape sociale serve svolgere uno dei lavori gravosi previsti. Ed io non svolgo un’attività che rientra in queste misure. Però so che anche i disoccupati possono prendere l’Ape sociale. Se non sbaglio, non serve più prendere tutta la Naspi. Basta essere disoccupati, giusto? Ve lo chiedo perché compio 63 anni e 5 mesi a settembre 2025. Ho 34 anni di contributi versati già oggi. E, dal momento che sono in servizio nello stesso negozio di generi alimentari da 20 anni, se riesco a farmi licenziare dovrei prima prendere due anni di disoccupazione e poi andare in pensione. Ma vorrei andare subito in pensione. Posso dare le dimissioni e quindi prendere subito l’Ape al compimento dei 63 anni e 5 mesi l’anno prossimo?”

La pensione a 63 anni per i disoccupati nel 2025 tra Ape sociale e Naspi, ecco i chiarimenti

Il quesito sopra riportato ci mette effettivamente di fronte a quanto detto prima, ovvero alle problematiche che adesso accompagnano l’Ape sociale dopo recenti sentenze di alcuni giudici.

Prima di capire di cosa si tratta, meglio chiarire cos’è l’Ape sociale.

La misura, che il governo Meloni ha deciso di prorogare per il 2025, è una forma di pensionamento che permette, a partire dai 63,5 anni di età, di anticipare l’uscita dal mondo del lavoro, godendo di un reddito ponte fino ai 67 anni. A invalidi, caregiver e disoccupati bastano 30 anni di contributi, mentre ne servono 36 per gli addetti ai lavori gravosi, a condizione che questi lavori logoranti siano stati svolti effettivamente per 7 degli ultimi 10 anni o per 6 degli ultimi 7 anni.

Per i caregiver è necessario che, da almeno 6 mesi, il richiedente l’Ape e il parente disabile grave convivano sotto lo stesso tetto. Per gli invalidi è sufficiente una percentuale di invalidità del 74% certificata dalle commissioni mediche INPS/ASL. E per i disoccupati è necessario aver terminato di percepire interamente la Naspi. La pensione a 63 anni per i disoccupati nel 2025, quindi, prevede che l’interessato abbia percepito interamente la Naspi.

Ape sociale, come funziona la misura?

Quelle prima citate sono le regole generali che i contribuenti devono rispettare per poter richiedere l’Ape sociale. Ma sono anche le regole che l’INPS segue quando deve approvare o respingere una domanda di Ape sociale. Basterebbe questo per fugare tutti i dubbi al riguardo. Infatti, se è vero che la regola vuole che la Naspi del lavoratore sia completamente percepita prima di presentare la domanda di Ape sociale, vuol dire che l’INPS può rifiutare la pensione a 63 anni per i disoccupati nel 2025, nonostante tutto ciò che si dice. E adesso capiremo esattamente il perché.

La pensione a 63 anni per i disoccupati nel 2025 come in passato

Da quando è stata introdotta, l’Ape sociale per i disoccupati ha sempre previsto che l’interessato abbia percepito prima tutta la Naspi e poi possa presentare la domanda di pensione.

Anzi, inizialmente la domanda di Ape sociale poteva essere presentata solo decorsi 3 mesi dall’ultimo mese di Naspi incassata. Un vincolo che, per esempio, ancora oggi vale per la quota 41 per i precoci. Detto questo, in linea generale, basandosi sulle normative in vigore e sulle interpretazioni che l’INPS da sempre usa, possiamo dire due cose:

  • Che la pensione a 63 anni per i disoccupati nel 2025 sarà erogata tramite l’Ape sociale solo a chi perde il posto di lavoro involontariamente, perché deve essere un soggetto idoneo a prendere anche la Naspi.
  • E poi deve aver terminato di percepire tutta la Naspi spettante prima di andare in pensione.

Sulla pensione a 63 anni ecco l’orientamento dell’INPS in contrapposizione con quello dei giudici

I dubbi nascono da una sentenza della Cassazione che ha bocciato il ricorso dell’INPS, che precedentemente era stata condannata dalla Corte d’Appello di Firenze ad accogliere la pensione con l’Ape sociale a una lavoratrice a cui, sempre precedentemente, l’Istituto aveva respinto l’istanza. E il motivo della reiezione della domanda era proprio il fatto che la lavoratrice non aveva percepito la Naspi, nonostante ne avesse diritto avendo perso il lavoro involontariamente.

In base alle regole prestabilite, l’INPS aveva respinto la domanda di Ape sociale perché la lavoratrice mancava il requisito della fruizione piena della Naspi.

Ma secondo i giudici della Cassazione il requisito della Naspi riguarda il fatto che l’indennità per disoccupati non può essere presa contestualmente all’Ape sociale. Quindi chi sta prendendo la Naspi deve prima prenderla tutta e poi passare all’Ape sociale. Ma chi non prende la Naspi evidentemente può lo stesso far valere lo status di disoccupato utile all’Anticipo pensionistico sociale.

Una cosa sono le regole, un’altra cosa sono le sentenze

Deve essere detta una cosa, però: la pensione a 63 anni per i disoccupati nel 2025 ha delle regole precise.

E quindi, le sentenze dei giudici più che creare un precedente non fanno. In pratica, le sentenze degli ermellini non modificano certo le norme, perché, anche se creano un precedente, possono essere utili solo per i ricorrenti successivi.

Tradotto in parole povere, l’INPS potrebbe continuare tranquillamente a respingere le domande; anzi, sicuramente continuerà così in assenza di Naspi. Ma potrebbe anche darsi che, senza la Naspi, la domanda di Ape sociale sia approvata dall’INPS, ma solo se l’interessato promuove ricorso, magari citando la sentenza di cui parlavamo prima.

Giacomo Mazzarella

In Investireoggi dal 2022 è una firma fissa nella sezione Fisco del giornale, con guide, approfondimenti e risposte ai quesiti dei lettori.
Operatore di Patronato e CAF, esperto di pensioni, lavoro e fisco.
Appassionato di scrittura unisce il lavoro nel suo studio professionale con le collaborazioni con diverse testate e siti.

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