Il nostro ordinamento pensionistico prevede due strade per andare in pensione. La prima è quella che prevede il raggiungimento di una certa età, la seconda quella che prevede il versamento di un numero minimo di contributi settimanali.
Il primo caso riguarda la pensione di vecchiaia il cui diritto scatta al compimento di 67 anni con almeno 20 anni di contributi versati. Il secondo caso riguarda l’uscita anticipata al raggiungimento di 42 anni e 10 mesi di contributi (12 mesi in meno per le donne) indipendentemente dall’età.
Pensione anticipata e di vecchiaia
In entrambi i casi si tratta di requisiti variabili. L’età della pensione di vecchiaia, così come il numero dei contributi versati nel caso dell’uscita anticipata, sono legati all’aspettativa di vita.
In altre parole, il meccanismo di adeguamento dell’età anagrafica alla speranza di vita prevede che il requisito dell’età arrivi gradualmente a 70 anni nel 2054. Anche il numero dei contributi da possedere riprenderà a salire dal 2027 (l’adeguamento è ora congelato).
Per chi è ancora lontano dalla pensione e che ha iniziato a lavorare dopo il 1995, la pensione con queste regole si allontana. La soglia di uscita, in assenza di riforma pensioni, tende a 71 anni. Ci riferiamo, in particolare, ai nati negli anni ottanta e che oggi sono lavoratori quarantenni.
Il confronto fra i due trattamenti
E veniamo al calcolo dell’assegno . Di principio più si ritarda l’uscita dal mondo del lavoro, più si prende di pensione. Ciò scaturisce essenzialmente dall’applicazione del coefficiente di trasformazione al montante contributivo che cresce parallelamente all’innalzamento dell’età anagrafica.
Tuttavia, non è detto che chi va in pensione anticipata con 41-42 anni e 10 mesi di contributi, indipendentemente dall’età, prenda di meno rispetto a chi esce con quella di vecchiaia.
Tutto dipende dal montante contributivo che si ha accumulato e quanto ha reso negli anni.
Questo perché il lavoratore che va in pensione anticipata a 65 anni avrà, sì un coefficiente di trasformazione inferiore rispetto a chi esce a 67 anni, ma più contributi versati nel regime retributivo (più vantaggioso).