Le attuali pensioni anticipate, con le svariate misure previste, resteranno intatte nel sistema? Sono queste alcune delle domande più comuni che molti lavoratori oggi si pongono. E i dubbi restano, perché risposte precise a queste domande non si possono dare. Bisognerà attendere che venga varata la manovra finanziaria, con all’interno il canonico pacchetto pensioni che, allo stato attuale delle cose, non dovrebbe prevedere grandi cambiamenti.
Resta il fatto che, come spesso accade da un anno all’altro, anche alcune misure che sembrano inviolabili vengono modificate, anche se di poco.
“Salve, mi chiamo Pasquale e vorrei alcune delucidazioni in merito alla pensione anticipata contributiva. Sono nato il 30 agosto del 1961 e quindi compio nel 2025 i 64 anni utili alla misura. Credo di avere diritto alla pensione anticipata contributiva, anche perché ho superato abbondantemente i 30 anni di contributi e a conti fatti dovrei superare 1.800 euro di pensione lorda. Se la misura resterà immutata, dovrei farcela. Ma ho il dubbio che cambi ancora qualcosa.
Pensavo che le misure ordinarie, come le pensioni di vecchiaia o quelle anticipate, non venissero mai modificate se non per gli scatti sull’aspettativa di vita. Invece sento parlare di pensioni di vecchiaia portate da 20 a 25 anni di contributi. E dopo quello che è successo nel 2024 alle pensioni anticipate contributive, che da 2,8 volte l’assegno sociale come importo minimo, sono passate a 3 volte, non vorrei che cambi ancora qualcosa. Posso stare tranquillo secondo voi?”
La pensione anticipata contributiva nel 2025: ecco cosa fare per chi è nato nel 1961
Le preoccupazioni di chi deve andare in pensione sono del tutto legittime. Dopo quello che è successo nel 2012 con l’avvento della legge Fornero e la nascita degli esodati, molti hanno paura di ritrovarsi improvvisamente esclusi da una pensione che credevano imminente.
Per questa misura il lavoratore deve avere almeno 64 anni di età, quindi per il 2025 deve essere nato almeno nel 1961. Inoltre, è necessario raggiungere almeno 20 anni di contributi, di cui il primo non antecedente al 1° gennaio 1996. Infine, bisogna raggiungere un importo minimo di pensione, ed è su questo che dal 2023 al 2024 le cose sono cambiate, generando timori come quelli espressi dal nostro lettore.
Le soglie delle pensioni anticipate contributive: come sono cambiate
Fino al 2023 la pensione anticipata contributiva si centrava con un trattamento non inferiore a 2,8 volte l’assegno sociale, il trattamento assistenziale che una volta si chiamava pensione sociale e che ogni anno cambia di importo per via dell’indicizzazione al tasso di inflazione. Nel 2023 l’assegno sociale era pari a 503,27 euro al mese, quindi chi è nato nel 1959 e ha potuto sfruttare la misura ha raggiunto almeno 1.409,16 euro di pensione al mese.
Nel 2024 ci sono state due novità che hanno inciso sul diritto alla pensione anticipata contributiva. Una fisiologica, dovuta all’assegno sociale che è salito a 534,41 euro al mese per via della perequazione. L’altra è stata una scelta dei legislatori che, nella legge di Bilancio 2024, hanno deciso di ritoccare gli importi minimi della pensione, portando le soglie a 3 volte l’assegno sociale, generando una pensione minima di 1.603,23 euro al mese.
Per le donne con più figli, la soglia è scesa a 2,6 volte l’assegno sociale, permettendo loro di accedere alla pensione anticipata contributiva con un trattamento di 1.389,47 euro al mese.
Gli scenari plausibili del 2025: rischi eventuali e cosa potrebbe accadere
Al momento, sembra che tutto resterà come oggi, quindi non dovrebbero esserci nuove variazioni. Tuttavia, le soglie cambieranno perché tornerà ad aumentare l’assegno sociale. Il nostro lettore, che è un uomo e quindi non gode dei privilegi delle lavoratrici madri prima citate, dovrebbe comunque rientrare nella misura. Anche se l’assegno sociale aumenterà, difficilmente supererà 600 euro al mese, portando la soglia per la pensione anticipata contributiva oltre i 1.800 euro al mese. A meno che il governo non decida di portare la soglia oltre le 3 volte il trattamento minimo, cosa oggi poco probabile. Anche perché significherebbe rendere la misura utilizzabile da pochi eletti.