La pensione con quota 41 o con le anticipate ordinarie, differenze e convenienza

La pensione con quota 41 o con le anticipate ordinarie, differenze e convenienza in base alle regole di calcolo dell'assegno.
2 anni fa
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Calcolo della pensione in base allo stipendio
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Andare in pensione in anticipo e quindi interrompendo la carriera prima sfruttando le misure di pensionamento anticipato è una possibilità non del tutto remota per molti lavoratori. In effetti grazie a misure di pensionamento anticipato in deroga ai requisiti ordinari, non sono rari i lavoratori che possono accedere alla quiescenza in anticipo rispetto alla generalità dei lavoratori. Ad esempio ci sono i lavoratori precoci che grazie alla quota 41 possono anticipare di circa due anni l’uscita dal lavoro rispetto alla soglia contributiva minima utile per le pensioni anticipate ordinarie.

Non mancano però i lavoratori che arrivano a chiedersi se uscendo dal lavoro con quota 41 e anticipando di 22 mesi l’interruzione della carriera lavorativa, la pensione è tagliata. Molti arrivano a chiedersi se uscire con 41 anni di contributi o con 42,10 cosa comporta.

“Gentile redazione, torno a scrivervi dopo tempo, e dopo aver avuto conferme di quello che dicevate sulla quota 41 precoci nel 2023 che, come da voi sottolineato, è una misura che potrei tranquillamente prendere in quanto caregiver. Il dubbio che mi assale adesso però riguarda il conteggio della pensione ovvero l’importo della pensione che riceverò uscendo dal lavoro con quota 41. Se è vero che al netto della finestra di attesa potrei lasciare il lavoro con quota 41 precoci a giugno 2023, volevo sapere cosa ci rimetto in termini di assegno interrompendo la carriera prematuramente. Dal momento che potrei continuare a lavorare gli altri 22 mesi che mi mancano per arrivare alla pensione anticipata ordinaria, secondo voi lascio parecchia pensione per strada o sbaglio?”

Differenze tra pensione anticipata e quota 41 per i precoci

Anche solo usando un po’ di logica, è inevitabile considerare meno ricca come importo una pensione per chi esce con 41 anni di lavoro alle spalle rispetto a chi invece esce con 42 anni e 10 mesi di contributi versati. Già questa cosa deve essere tenuta in considerazione nel momento in cui una persona decide di prendere quota 41.

Perché un periodo di due anni di contribuzione versata in meno non è da non considerare dal punto di vista del suo impatto sulla pensione. Ed anche il fatto che anticipare la quiescenza di due anni come età, non può non incidere sull’ammontare della prestazione pensionistica.

Come funziona il montante contributivo

Uscendo semplicemente due anni prima come età, le differenze sono tante. Significa che l’INPS per calcolare il rateo di pensione spettante, userà per forza di cose dei meccanismo meno favorevoli. Infatti i coefficienti usati per trasformare il montante contributivo in pensione, sono penalizzanti con pensione troppo da giovane. Penalizzanti rispetto a quelli che magari avrebbe utilizzato uscendo dal lavoro con due anni in più di età. Pochi dubbi da questo punto di vista, perché parliamo di un meccanismo di calcolo delle prestazioni pensionistiche che è è basato sull’età. Nel senso che più anziani si va in pensione più è alta la stessa pensione a parità di contributi. E parliamo di parità totale, cioè sia come annualità versate che come valore degli stessi contributi.

Aspettare la pensione ordinaria conviene

A conti fatti uscire dal lavoro con quota 41 a livello di assegno previdenziale non può essere la stessa cosa che uscire con 42 anni e 10 mesi di contribuzione versata. Molto dipende dal valore di questi contributi che è collegato alla retribuzione che un lavoratore riesce a percepire durante i mesi lavorativi. Infatti i contributi versati sono direttamente proporzionali allo stipendio percepito. Più alto è lo stipendio più contributi si versano. E quindi più alto è lo stipendio più sale la pensione. E questo per ogni anno di lavoro in più. In linea di massima bisogna considerare che l’aliquota contributiva per i lavoratori dipendenti è pari al 33%. Significa che ogni mese di lavoro il lavoratore versa il 33% dello stipendio che percepisce alla sua pensione futura.

Non è raro trovare lavoratori che solo svolgendo due anni in più di lavoro, ci guadagnano tanto. Infatti tra coefficienti di trasformazione e maggiori contributi versati arrivano a percepire anche 200 euro in più di prestazione.

 

 

Giacomo Mazzarella

In Investireoggi dal 2022 è una firma fissa nella sezione Fisco del giornale, con guide, approfondimenti e risposte ai quesiti dei lettori.
Operatore di Patronato e CAF, esperto di pensioni, lavoro e fisco.
Appassionato di scrittura unisce il lavoro nel suo studio professionale con le collaborazioni con diverse testate e siti.

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