La pensione di cui nessuno parla: via dal lavoro a 56 anni, ecco come

Come funziona la pensione di vecchiaia anticipata con invalidità specifica che permette l'uscita a 58 anni alle donne e 61 agli uomini.
1 anno fa
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Uscite a 67 anni di età, o per i contributivi puri perfino a 71 anni. E poi, anticipate con oltre 40 anni di contributi da centrare, che portano in maniera fisiologica la pensione a non poter essere presa se non a tarda età. Perché per uscire dal lavoro a 56 anni di età, con le pensioni anticipate che si centrano con 42 anni e 10 mesi di contributi, è praticamente impossibile. Significherebbe aver iniziato a lavorare a 13 anni, regolarmente assunti e soprattutto, senza interruzioni di carriera. Perché, allora, abbiamo detto 56 anni di età? Perché in effetti esiste una misura che permette il pensionamento proprio a questa età.

E con solo 20 anni di contributi versati. Una misura di cui ci chiede spiegazioni una nostra lettrice.

“Mi chiamo Paola, sono una vostra assidua lettrice e proprio da voi ho appreso che esiste la possibilità di lasciare il lavoro a 56 anni per noi donne. E con solo 20 anni di contributi. Età e contributi che sono esattamente quelli che completerò a fine novembre. Mi spiegate meglio come funziona questa possibilità? Quali sono i requisiti che devo avere oltre a quelli fissi che mi sembra di centrare perfettamente?”

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Una pensione a 56 anni sarebbe forse il sogno di ogni lavoratore. Un sogno irrealizzabile come abbiamo già detto prima. Salvo che per quanti ricadono nella pensione anticipata con invalidità pensionabile. Si tratta di una misura destinata solo a determinate persone e soprattutto, che permette l’uscita a 56 anni solo alle donne. Gli uomini infatti possono accedere alla pensione sfruttando la stessa medesima misura solo a 61 anni. Per tutti comunque c’è da rispettare la finestra di 12 mesi per la decorrenza del trattamento. Inoltre, per poter avere accesso a questa notevole misura dal punto di vista dell’anticipo, serve l’80% di invalidità. Ma non quella generica.

E la differenza tra invalidità generica o civile, e invalidità pensionabile o specifica è fondamentale.

Invalidità generica e invalidità specifica, le differenze

L’invalidità può essere definita come quella condizione fisica o mentale che comporta una riduzione della capacità lavorativa di un individuo. Le cause da cui scatena questa invalidità possono essere molteplici, e per il riconoscimento di questa situazione, non incidono. Che dipenda da una patologia, da una malattia o da un infortunio, poco importa quindi. Parlare di invalidità specifica o di invalidità pensionabile è necessario perché proprio in virtù di queste differenti tipologie di invalidità, nasce il diritto a prestazioni diverse. Vietato quindi confondere l’invalidità civile con l’invalidità pensionabile.

Le differenze sono sostanziali e molteplici. Prima di tutto cambia l’organismo che accerta la disabilità e determina il grado dio invalidità da assegnare al richiedente. E poi perché sono due cose differenti dal punto di vista delle possibilità di accedere a sostegni, prestazioni assistenziali e anche previdenziali. Perché la pensione di cui parliamo oggi, e di cui ci chiede notizie la lettrice, è una prestazione a tutti gli effetti previdenziale.

Invalidità civile, cos’è, chi la certifica e come funziona

L’invalidità civile viene detta generica perché è riconosciuta alle persone che hanno subito una riduzione della capacità lavorativa generale. In pratica l’invalidità civile riguarda lavoratori a cui è venuta meno la capacità di svolgere qualsiasi attività lavorativa, a prescindere da quelle che ha svolto nella sua carriera ed a prescindere dalle sue competenze. Come dicevamo, tra le due tipologie di invalidità, cambia l’organismo accertatore. Per l’invalidità civile o generica che dir si voglia, deve la commissione medica invalidi civili delle ASL ad accertarla e certificarla. E naturalmente la stessa commissione deve stabilire il grado di invalidità da assegnare al diretto interessato, in base alla gravità della situazione.

Con l’invalidità civile il diretto interessato può rientrare in svariate misure tra cui:

  • assegno di invalidità (riduzione parziale ma permanente della capacità lavorativa superiore al 74%, ma a condizione che ci siano 5 anni di contributi versati e almeno 3 anni di contributi negli ultimi 5 anni prima della domanda);
  • pensione di inabilità (riduzione assoluta e permanente della capacità lavorativa al 100% ma solo per chi non ha i requisiti per una pensione diretta);
  • assegno di accompagnamento (riduzione totale della capacità lavorativa con l’aggiunta del bisogno di assistenza continua di un’altra persona per compiere gli atti essenziali della vita).

Invalidità pensionabile, di cosa si tratta?

L’invalidità pensionabile riguarda invece quelli che hanno subito la riduzione della capacità lavorativa specifica. In pratica si tratta di soggetti che si trovano nella assoluta impossibilità di svolgere l’attività lavorativa che hanno svolto prima della condizione invalidante, in base alle loro competenze. L’invalidità pensionabile o specifica non viene riconosciuta dalla commissione medica invalidi civili delle ASL. Infatti deve essere una commissione medica dell’INPS a valutare lo stato di invalidità, il suo grado e se esistono alternative alla cessazione dell’attività lavorativa del soggetto richiedente.

Infatti è necessario che la commissione certifichi anche il fatto che il diretto interessato non possa essere spostato in un altro genere di occupazione, in linea con le attività esercitate precedentemente, con le sue capacità e con la sua invalidità.

La pensione con invalidità pensionabile, i requisiti e come funziona la misura

Prima abbiamo detto che la pensione anticipata con invalidità specifica è una prestazione previdenziale. Infatti serve avere una carriera di contributi previdenziali versati, non inferiore a 20 anni. Le donne come dicevamo, possono uscire a 58 anni di età, aspettando 12 mesi per percepire il primo rateo di pensione spettante. Pensione calcolata in maniera classica, ovvero in base ai contributi versati alla data di uscita dal mondo del lavoro. Per gli uomini la stessa pensione si centra con 20 anni di contributi versati e con almeno 61 anni di età.

E sempre con la finestra di 12 mesi per la decorrenza del primo trattamento pensionistico.

Giacomo Mazzarella

In Investireoggi dal 2022 è una firma fissa nella sezione Fisco del giornale, con guide, approfondimenti e risposte ai quesiti dei lettori.
Operatore di Patronato e CAF, esperto di pensioni, lavoro e fisco.
Appassionato di scrittura unisce il lavoro nel suo studio professionale con le collaborazioni con diverse testate e siti.

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