La pensione non basta per vivere: chi resta in Italia deve integrarla. Ecco come

Pensioni sempre più basse impongono la sottoscrizione di fondi per ottenere rendite integrative al momento opportuno. Alcune linnee guida.
2 anni fa
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pensione integrativa

In futuro la pensione dei lavoratori sarà sempre più bassa. Il sistema di calcolo contributivo riduce di parecchio l’assegno perché basato esclusivamente su quanto versato nelle casse pensionistiche. E di fronte a precariato diffuso e discontinuità lavorativa rendite sufficienti saranno difficili da ottenere.

E’ quindi sempre più necessario ricorrere a strumenti integrativi della pensione, come i fondi negoziali o aperti ai quali destinare il proprio TFR. Ma quale scegliere e, soprattutto, quanto rendono? In Italia c’è poca informazione a riguardo e anche tanta diffidenza.

La pensione integrativa

Indispensabile è quindi informarsi bene su come ottenere una rendita integrativa e a chi affidare la gestione del proprio TFR o risparmi. L’adesione ai fondi pensione non è obbligatoria, bensì facoltativa, ma conviene farla.

Oggi ci sono una marea di possibilità per costituirsi una pensione integrativa aderendo ai vari fondi pensioni. Tutto sta però nel capire come e quanto rendono. Il rischio è quello di affidare propri risparmi a gestori che poi, a fronte di roboanti promesse, non ritornano al lavoratore quanto promesso.

Negli ultimi anni, tuttavia, i fondi pensione hanno battuto la rendita del TFR. Quindi chi ha fatto affidamento su questa forma di risparmio e integrazione pensione non ci ha rimesso e, anzi, anche grazie al trattamento fiscale di favore, ci ha guadagnato.

La scelta dei fondi pensione

Esistono fondamentalmente tre tipi di rendita per i fondi pensione, che naturalmente variano in base alle garanzie che si vogliono ottenere al termine del piano di accumulo della rendita. La prima forma è quella vitalizia non reversibile e che si estingue con la morte del sottoscrittore.

La seconda forma di pensione integrativa è invece reversibile e prevede il pagamento della rendita al sottoscrittore al momento del pensionamento e fino alla data di premorienza. Dopo la morte, la rendita residua si trasmette, in forma più o meno ridotta, agli eredi o beneficiari designati dal sottoscrittore.

In alcuni casi è prevista anche la liquidazione del capitale residuo al posto della rendita. Questa formula prevede ovviamente una penalizzazione sulla rendita finale, rispetto alla prima, proprio perché offre maggiori garanzie di continuità.

La terza via è rappresentata dalla rendita certa e poi vitalizia. Tale rendita permette al sottoscrittore di ottenere il pagamento di una rendita definita per 5-10 anni al momento del pensionamento, per poi trasformarsi in rendita vitalizia per il resto della vita. Anche in questo caso, i costi e i benefici cambiano. Tutto sta, quindi, nella scelta personale di come uno intende disporre del proprio TFR.

Mirco Galbusera

Laureato in Scienze Politiche è giornalista dal 1998 e si occupa prevalentemente di tematiche economiche, finanziarie, sociali

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