La plusvalenza derivante dalla cessione di fabbricati “da demolire” non rientra fra i redditi diversi

Se l’oggetto del trasferimento a titolo oneroso è un edificio, il trasferimento non può mai essere riqualificato come cessione di area edificabile, nemmeno quando l’edificio deve essere demolito.
4 anni fa
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L’Agenzia delle Entrate, con la circolare n. 23 / E del 29 luglio 2020: “Trattamento fiscale delle plusvalenze derivanti dalla cessione di fabbricati cd. «da demolire» – Articolo 67, comma 1, lettera b), del TUIR”, fornisce utili chiarimenti relativi al regime di tassazione delle plusvalenze derivanti dalla cessione di fabbricati da demolire, superando le precedenti indicazioni fornite in senso opposto dalla stessa Ade, con la risoluzione n. 395 / 2008 e con alcune risposte alle istanze di interpello.

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Cessione di fabbricati da demolire

L’Agenzia delle entrate, con la circolare sopracitata, asserisce che: “Se su un’area insiste un qualsivoglia fabbricato, la stessa area deve dirsi già edificata e non può essere ricondotta alla previsione di area suscettibile di utilizzazione edificatoria”.

In questo modo, la stessa Ade si allinea con i più recenti orientamenti della giurisprudenza e chiarisce che “se oggetto del trasferimento a titolo oneroso è un edificio, tale trasferimento non può mai essere riqualificato come cessione di area edificabile, nemmeno quando l’edificio è destinato alla successiva demolizione e ricostruzione o quando l’edificio non assorbe la capacità edificatoria del lotto su cui insiste”. Ne consegue che la plusvalenza derivante dalla cessione a titolo oneroso del fabbricato stesso non può rientrare fra i redditi diversi.

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