La resilienza dell’economia russa ha ucciso Aleksey Navalny

La morte dell'oppositore di Putin, Aleksey Navalny, ci interroga sulle reali condizioni dell'economia russa. L'Occidente si è illuso.
9 mesi fa
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Economia russa mandante dell'assassinio di Navalny
Economia russa mandante dell'assassinio di Navalny © Licenza Creative Commons

Aleksey Nalvalny avrà per sempre 47 anni. Il regime di Vladimir Putin ha deciso che la vita del suo principale oppositore politico andava fermata. Non sappiamo se è stato assassinio vero e proprio. Di certo, una prigione a 40 miglia a nord del Circolo Artico non costituisce lo stato ideale per trascorrere le giornate. E mentre in Occidente ci arrovelliamo il cervello per capire come sia possibile per il Cremlino non patire alcuna disaffezione diffusa tra la popolazione, forse dovremmo guardare alle condizioni dell’economia russa per ottenere una risposta sensata.

Resilienza imprevista per l’economia russa

Quando la Russia occupò l’Ucraina il 24 febbraio del 2022, gli analisti occidentali furono concordi nel sostenere che non avrebbe retto al peso delle durissime sanzioni finanziarie e commerciali comminate da Europa e Nord America. Lo stesso Fondo Monetario Internazionale (FMI) profetizzò un crollo del PIL per quell’anno dell’8,5%. La realtà è stata molto diversa: -1,2%. E l’anno scorso c’è stata una sensibile ripresa del 3,6% contro uno zero virgola per le principali economie europee. Per quest’anno, sempre l’FMI stima un +2,6%. L’Eurozona si dovrebbe accontentare dello 0,8%.

Beni più cari, ma niente scaffali vuoti

L’economia russa non solo non è crollata, ma sta esibendo una resilienza a dir poco stupefacente. Almeno agli occhi di noi occidentali, abituati come siamo a valutare ogni evento in termini di fatturato e consumi. Dimentichiamo quasi sempre che nella gran parte del resto del mondo, la mentalità è molto meno materialista e, paradossalmente, ciò aiuta i popoli a superare anche meglio le fasi critiche. Parole come “orgoglio” e “patria”, in disuso e persino mal viste dalle nostre parti, finiscono per alimentare una chiamata alle armi (anche bellica) dall’impatto positivo sull’economia.

Non è stato tutto rose e fiori per l’economia russa dall’inizio della guerra. In due anni, i prezzi al consumo sono cresciuti di oltre il 22% e ancora l’inflazione è al 7,4% contro un obiettivo del 4% fissato dalla Banca di Russia.

Ma la carenza generalizzata dei prodotti, di prima necessità inclusi, non c’è stata. La fase più difficile si palesò nelle prime settimane dopo l’inizio della guerra, quando effettivamente decine di multinazionali lasciarono in fretta e furia il paese per ragioni reputazionali e per paura di finire nella lista nera dell’Occidente. Tuttavia, ne nacque un rebranding generalizzato. Ad esempio, i ristoranti McDonald’s si chiamano ora “Vkusno i Tochka” (trad.: “Delizioso, Punto e Basta”).

Import/export con Occidente tramite triangolazioni

Il resto lo ha fatto l’ipocrisia. Anche di noi europei e nordamericani. Anziché acquistare prodotti direttamente dalla Russia, abbiamo preferito fingere di non capire, importandoli da paesi terzi. E così, siamo al ridicolo. L’interscambio commerciale con il Kazakistan esplose nel 2022 del 74% con l’Unione Europea, superando i 40 miliardi di dollari, di cui 30 furono nostre importazioni. La cifra risultava ulteriormente salita a 41,4 miliardi l’anno scorso. Si chiamano “triangolazioni”: la Russia vende all’Europa tramite paesi ad essa confinanti. Lo stesso sta accadendo con il greggio, con l’India ad approfittare dei maxi-sconti applicati da Mosca e che rivende a noi europei parte delle importazioni dopo il processo di raffinazione. E’ diventata nei fatti un hub mondiale del petrolio.

Disoccupazione ai minimi storici

Questa finzione non ha impedito al rublo di perdere il 20% contro il dollaro rispetto ai livelli pre-bellici, anche se i minimi storici toccati nel marzo del 2022 furono quasi subito allontanati. Ma non è che negli anni precedenti le cose fossero andate molto meglio. Il cambio si era dimezzato di valore dall’occupazione della Crimea nel 2014. Certo, è pur vero che molti prodotti sugli scaffali dei supermercati russi arrivino a prezzi più alti e spesso anche di qualità inferiore.

Ma la disoccupazione è ai minimi storici, scesa al 3% contro oltre il 4% dei livelli pre-bellici. Con centinaia di migliaia di uomini al fronte, i lavoratori nelle aziende mancano.

Bilancio pubblico in equilibrio

La carenza di manodopera in sé è una cattiva notizia per l’economia russa, che perde la possibilità di produrre di più. D’altra parte, lo stato ha aumentato la spesa militare da meno del 4% al 6% del PIL. E può permetterselo, grazie a un basso livello di indebitamento pubblico, ancora sotto il 16% del PIL. L’anno scorso, il deficit di bilancio fu del 2% e quest’anno è atteso allo 0,8%. Numeri che lasciano relativamente tranquillo Putin, il quale non affronta evidentemente le ristrettezze di bilancio dei governi occidentali, in media molto più indebitati. In più, il fondo sovrano possiede asset liquidi per 5.000 miliardi di rubli, circa 54 miliardi di dollari al cambio attuale, pari al 3% del PIL.

Grana riserve valutarie

Più problematico per Mosca il capitolo riserve valutarie. L’Occidente ne ha sequestrate per 300 miliardi di dollari, quasi la metà del totale prima dell’occupazione ucraina. Questa immensa ricchezza non è nelle disponibilità della banca centrale da due anni. Rischia di non esserlo mai più, se Stati Uniti ed Europa trovano un accordo sull’esproprio per finanziare la ricostruzione dell’Ucraina. Il tema è molto delicato, perché di mezzo c’è la capacità dell’Occidente di salvaguardare il proprio status di “porto sicuro” per gli investimenti stranieri, da ovunque essi derivino.

Sanzioni dannose per l’economia russa nel lungo periodo

Per il resto, le sanzioni stanno facendo il solletico all’economia russa? Nel lungo periodo, faranno danni. Ridurranno il tasso di crescita del PIL e terranno il paese molto indietro sul piano tecnologico. Nel breve, tuttavia, non stanno sconvolgendo le vite di quasi 150 milioni di abitanti. E questo è già motivo sufficiente per tenere bassa la protesta contro la guerra in Ucraina. Aggiungiamoci il fatto che la propaganda del Cremlino diffonde un’idea molto diversa dagli accadimenti.

L’occupazione è stata magicamente trasformata in una “operazione militare speciale”, volta a “denazificare” Kiev. E per un popolo orgoglioso ancora oggi di avere piegato la Germania di Hitler nel ’45 con la Grande Guerra Patriottica, non è un fatto secondario.

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Giuseppe Timpone

In InvestireOggi.it dal 2011 cura le sezioni Economia e Obbligazioni. Laureato in Economia Politica, parla fluentemente tedesco, inglese e francese, con evidenti vantaggi per l'accesso alle fonti di stampa estera in modo veloce e diretto. Da sempre appassionato di economia, macroeconomia e finanza ha avviato da anni contatti per lo scambio di informazioni con economisti e traders in Italia e all’estero.
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