Nuove regole e rivoluzione in arrivo nei mari del mondo. L’Organizzazione Marittima Internazionale (OMI) delle Nazioni Unite ha approvato una misura per contenere le emissioni di zolfo da parte delle navi, limitandole a un massimo dello 0,5% dal 3,5% attuale, a partire dall’1 gennaio 2020. Lo zolfo è considerato un elemento delle piogge acide, che a loro volta inquinano l’ambiente e provocherebbero malattie all’apparato respiratorio. Dunque, le navi non potranno più utilizzare carburante ad alto contenuto di zolfo. Un bel problema per la flotta da ben 90.000 natanti che quotidianamente circola nelle acque del pianeta, perché pochissime sarebbero oggi in grado di adeguarsi alle nuove disposizioni internazionali.
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Che cosa succederà? Le navi consumano quotidianamente circa 4 milioni di barili (circa il 4% dei consumi mondiali), che ai prezzi attuali farebbero quasi 320 milioni di dollari al giorno o quasi 117 miliardi all’anno. Secondo Wood MacKenzie, tali costi rischiano di aumentare di un quarto. Perché? Per prima cosa, a causa della maggiore domanda di carburante diesel per la navigazione. Esso, infatti, presenta oggi un costo di circa 36-37 dollari al barile superiore a quello del carburante ordinario. Per non parlare della necessità per molte società di navigazione di rivolgersi ai produttori di greggio “leggero”, ovvero a basso contenuto di zolfo, ai danni dei produttori di greggio ad alto contenuto di zolfo.
Cosa cambia per il mercato petrolifero
Una rivoluzione dall’impatto geopolitico dirimente, perché il Medio Oriente, Arabia Saudita inclusa, tipicamente produce proprio greggio pesante, così come il Venezuela, contrariamente a USA e Nord Europa, che producono greggio con poca quantità di zolfo. Sappiamo che già oggi il paese sudamericano, ad esempio, si trova costretto a importare quantità di petrolio leggero da altri stati produttori, come gli USA, avendo la necessità di miscelarlo a quello prodotto in patria per renderlo consumabile ed esportabile.
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L’organizzazione consente alle navi di continuare a utilizzare carburante con contenuto di zolfo oltre i limiti, purché si dotino di cosiddetti “scrubbers”, marchingegni installati a bordo e impiegati alla pulitura dei motori, man mano che il carburante viene bruciato e che lo zolfo viene liberato. Tuttavia, l’alternativa appare alla portata di pochissime società, dato che il suo costo viene stimato da un minimo di 1 a un massimo di 6 milioni di dollari da Wartsila. Potrebbero essere centinaia le navi a impiegare tali strumenti, mentre una percentuale elevata potrebbe barare sul rispetto delle normative.
Cosa accadrà al mercato petrolifero? La domanda, come detto, si sposterà dal greggio pesante al greggio leggero e questo farà scendere i prezzi del primo e salire quelli del secondo. Tuttavia, nel complesso dovremmo assistere a una lievitazione dei costi, perché i produttori di greggio pesante dovranno miscelare più greggio leggero, acquistandolo da altri paesi e il tutto dovrebbe tradursi in maggiori spese di raffinazione. Per questo, Morgan Stanley stima che le quotazioni del petrolio arriverebbero da qui ai prossimi 18 mesi a 90 dollari al barile. E a farne le spese sarebbe la generalità dei consumatori, perché tutte le merci trasportate su nave tenderanno a costare di più, dato l’aggravio subito dalle società rispetto alla situazione attuale, sia che investano in pulitori, sia che optino per il diesel.