Quando il 24 febbraio di due anni fa la Russia di Vladimir Putin invase l’Ucraina, l’Europa non solo ripiombò nel periodo più buio dalla Seconda Guerra Mondiale sul piano della sua sicurezza territoriale, ma si ritrovò alle prese con una gravissima crisi dell’energia. Già da qualche mese Mosca ricattava esplicitamente i governi del Vecchio Continente, iniziando nei loro confronti una guerra del gas dall’esito potenzialmente devastante per l’economia europea. Le bollette esplodevano e i conti di famiglie e imprese saltavano in aria.
Importazioni UE di petrolio e gas dalla Russia crollate
Basta dare un’occhiata ai prezzi del gas di oggi, crollati dell’8% sotto 31,70 euro per Mega-wattora. E dire che l’Europa è attraversata da giorni di freddo intenso, che sta facendo impennare i consumi di energia. Tuttavia, gli stoccaggi nel continente risultano in media pieni all’85%, giù di pochissimo dal 90% dell’inizio della stagione invernale. E, soprattutto, per i trader l’inverno è ormai alle spalle in borsa. Di questo passo, si stima che l’Unione Europea entrerà nella primavera con stoccaggi ben oltre la metà della capienza massima da una media stagionale del 35%. Ed è così che anche i prezzi del gas sono crollati di oltre il 90% dai massimi toccati nell’agosto del 2022 a 340 euro per Mega-wattora.
Per capire come sia possibile per Putin aver perso la guerra del gas, pensate che nel 2023 le importazioni dalla Russia sono diminuite del 76,5% rispetto a quelle del 2019, l’anno prima del Covid. Ancora più drastico il crollo delle importazioni di petrolio: -55,6% rispetto al 2022 e quasi -90% sul 2019.
Verso embargo totale del gas russo
A seguito di queste minori importazioni, la Russia dovrebbe avere registrato un calo delle esportazioni complessive dagli 80 miliardi di dollari del 2022 ai 22 miliardi del 2023. Ha contribuito al tracollo anche la riduzione delle quotazioni, che peraltro la Russia fissa anche a forte sconto in Asia per rimpiazzare i danarosi clienti occidentali con cinesi e indiani. Ad oggi, Mosca può vantare solo un modestissimo aumento delle esportazioni di LNG, gas liquido attraverso le navi, in Europa a quota 20 miliardi di metri cubi (19,2 miliardi nel 2023).
Adesso, però, l’Unione Europea ipotizza un embargo totale delle importazioni di gas russo, così da rimpiazzare del tutto anche quello liquido. Una strategia che alcuni analisti temano possa comportare un impatto rialzista sui prezzi, ma che trova giustificazione proprio nella forte resilienza dimostrata dall’economia continentale dinnanzi alla madre di tutte le sfide di questi ultimi decenni. Bruxelles intende azzerare la dipendenza energetica da Mosca per minimizzare il potere di ricatto del Cremlino.
Guerra del gas persa per Putin, rientra inflazione europea
In un primo tempo, sembrò che Putin stesse vincendo almeno la guerra del gas, con il valore delle esportazioni energetiche esploso nel 2022 sopra 320 miliardi di dollari dai 230 del 2019. Ma nei primi nove mesi dell’anno scorso, queste risultano essere crollate del 41%. Per la Russia c’è il forte rischio di perdere definitivamente parte della ricchezza goduta in tempi di pace. Non solo il petrolio deve essere reindirizzato in Asia a sconto, ma il gas non può dall’oggi al domani trovare nuovi mercati di sbocco. Servono prima i gasdotti per il suo trasporto, a meno di renderlo liquido e caricarlo sulle navi.
Certo, vero è anche che rispetto agli anni pre-bellici il prezzo del gas in Europa rimane di circa un terzo più alto. Ma si tratta di extra-costi assorbibili, mentre l’inverno passato la situazione appariva ancora tragica. Su base annua, infatti, le quotazioni alla borsa olandese sono diminuite di quasi il 60%. Ciò contribuisce a disinflazionare l’economia europea dopo il boom dei prezzi al consumo del biennio passato. Nel frattempo, l’economia russa non è andata a rotoli come paventato dagli analisti occidentali. Resta, tuttavia, a bassa intensità di crescita e con prospettive a medio-lungo termine ancora più modeste di quando iniziava l’occupazione ucraina.