L’annuncio aveva provocato un terremoto in borsa per i titoli bancari e aveva fatto scalpore all’estero, comparendo su tutte le prime pagine dei quotidiani finanziari internazionali. Poi, il governo di Giorgia Meloni ha deciso di compiere mezzo passo indietro: la tassa sugli extra-profitti delle banche è rimasta, anziché essere cancellata come chiedeva Forza Italia su pressione della famiglia Berlusconi, azionista al 30% di Medionalum. Tuttavia, si trovava legalmente una scappatoia per gli istituti di credito. Il balzello si potrà evitare aumentando gli accantonamenti a riserva degli utili non distribuiti ai soci.
L’esercizio deve ancora concludersi, ma già possiamo farci un’idea approssimativa di quanti saranno i conti nei dodici mesi per le banche italiane. E scoppiano di salute. Unicredit ha chiuso i primi nove mesi con un utile netto esploso del 67,7% a 6,7 miliardi di euro. Intesa ha registrato un utile netto del +85,3% a 6,122 miliardi. Molto bene anche Monte Paschi di Siena a 929 milioni contro perdite per 334 milioni nello stesso periodo del 2022. Mediolanum ha segnato +52% a 527 milioni. E così via.
Aumento tassi aiuta conti banche
Da dove arrivano questi numeri così positivi? La Banca Centrale Europea ha alzato i tassi di interessi e le banche commerciali hanno scaricato l’extra-costo su prestiti e mutui, aumentando di poco la remunerazione dei risparmi dei clienti. Il margine di interesse si è impennato e questo sarebbe dovuto essere colpito dalla tassa sugli extra-profitti delle banche con aliquota del 40%. Ma ad oggi gli istituti hanno accantonato a riserva ben 4,5 miliardi, 2,5 volte gli 1,8 miliardi che avrebbero dovuto versare in più allo stato sulla base dei conti al 30 settembre scorso.
Il governo ipotizzava un maggiore gettito fiscale derivante dalla tassa sugli extra-profitti delle banche fino a 3 miliardi. Non esattamente noccioline in tempi di magra per il Fisco come questi.
Tassa banche flop, ma boom entrate fiscali
Ciò detto, il governo Meloni non dovrebbe disperarsi più di tanto. Il boom del margine d’interesse ha gonfiato gli utili delle banche italiane, le quali verseranno al Fisco molto più dell’anno scorso attraverso la tassazione ordinaria. Mediolanum, ad esempio, passerà da 71 a 158 milioni. L’extra-gettito ci sarà, ma non grazie alla tassa sugli extra-profitti delle banche. Poco importa, se alla fine il risultato sarà un aumento delle entrate.
Il costo “politico” del balzello, però, c’è stato. Dalla scorsa estate, i mercati guardano con maggiore distacco al governo italiano, memori della trovata imprevista e persino incomprensibile. Ha avuto senso tutto ciò per rimediare zero euro e un colpo alla propria reputazione “business-friendly”? Evidentemente, no. L’aspetto curioso è che persino Monte Paschi di Siena ricorre allo stratagemma per dribblare la tassa sulle banche. Accantonerà a riserva 312,7 milioni. Il suo principale azionista è il Tesoro con una quota del 64,3%. In sostanza, il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, sta eludendo un’imposta che egli stesso ha introdotto. A conferma che a crederci non fosse neppure il governo. Una vicenda al limite dell’imbarazzo.