La traduzione del discorso di Barack Obama dopo la rielezione

Il presidente degli Stati Uniti parla ai giovani e anche quelli italiani ascoltano
12 anni fa
9 minuti di lettura

Il discorso che Barack Obama ha pronunciato subito dopo la conferma della rielezione alla Casa Bianca (pubblicato alla lettera dal Wall Street Journal) è la dimostrazione che questa scelta non è solo politica ma che rappresenta una presa di posizione di un Paese che vuole rialzarsi insieme continuando a credere. Mai come ora può rappresentare un esempio per un’Italia disunita e scoraggiata. Dopo i preamboli storici e i dovuti ringraziamenti alle persone che hanno lavorato per lui e alla famiglia, il Presidente degli Stati Uniti parla al popolo, non in quanto entità astratta ma ai cittadini uno per uno.

Sui siti internet italiani e sui forum di discussione online la traduzione del discorso fa eco e sembra colpire soprattutto i giovani che in Italia sono ormai vittime sacrificali di un Governo poco attento alle singole realtà. Obama dà una speranza anche a chi vuole vedere una vita diversa fuori dal suo quartiere di periferia, a chi nasce figlio di operaio e vuole diventare dottore. I più cinici o disillusi potranno anche dire che si tratta di parole vuote e di demagogia ma in Italia purtroppo abbia perso anche questo, perfino il folle rischio di illudersi e sognare.   La traduzione del discorso di Barack Obama dopo la rielezione   Grazie mille. Stanotte, a distanza di più di 200 anni dopo che una ex colonia ha conquistato il diritto di determinare da sola il suo destino, l’impegno nel perfezionamento dell’unione prosegue. Va avanti grazie a voi. Va avanti perché avete riaffermato lo spirito che ha trionfato sulla guerra e la depressione, che ha sollevato questo Paese dalla profondità della disperazione fino alle alte cime della speranza, il credere che mentre ognuno di noi insegue il suo sogno personale, fa al tempo stesso parte di una famiglia americana e che insieme trionferemo o cadremo come un’unica nazione e un unico popolo. Questa notte, in questa elezione, voi, Americani, ci avete ricordato che anche se la nostra strada è stata dura, anche se il nostro viaggio è stato lungo, ci siamo fatti forza, abbiamo combattuto, e in cuor nostro sappiamo che il meglio per gli Stati Uniti d’America deve ancora venire. Voglio ringraziare ogni americano che ha preso parte a questa elezione, che abbia votato per la prima volta o aspettato in fila per molte ore. E questa è una cosa che dobbiamo chiarire. Che abbiate calpestato marciapiedi o alzato una cornetta, tenuto in mano un cartello per Obama o per Romney, avete fatto sentire la vostra voce e avete fatto la differenza Ho appena parlato con il governatore Romney e mi sono congratulato con lui e con Paul Ryan per una campagna che abbiamo combattuto duramente. Possiamo avere lottato con forza, ma soltanto perché amiamo questo paese profondamente e teniamo con così tanta forza al suo futuro. Da George a Lenore fino al loro figlio, Mitt, la famiglia Romney ha scelto di donare indietro all’America molto con il proprio servizio e questa è l’eredità che onoriamo a cui plaudiamo stanotte. Nelle settimane scorse, ho anche pensato a un incontro con il governatore Romney per discutere di come possiamo lavorare insieme per portare avanti questo Paese. Voglio ringraziare il mio amico e partner negli ultimi quattro anni, un felice guerriero americano, il miglior vice presidente che si possa desiderare, Joe Biden. E non sarei l’uomo che sono oggi senza la donna che vent’anni fa ha accettato di sposarmi. Lasciatemelo dire in pubblico: Michelle, non ti ho mai amata di più. Non sono mai stato più fiero di guardare il resto dell’America innamorarsi di te, come first lady di questa nazione. Sasha e Malia, davanti ai nostri occhi state crescendo e diventando due bellissime, forti e intelligenti giovani donne, proprio come vostra madre. Sono veramente orgoglioso di voi. Ma per ora credo che un cane sia più che sufficiente. Ai migliori volontari e al miglior staff di una campagna nella storia della politica. I migliori. I migliori di sempre. Alcuni di voi erano nuovi, altri mi sono stati accanto fin dall’inizio. Ma tutti voi siete membri di una famiglia. Da dovunque veniate e qualsiasi cosa facciate, ricorderete la storia che abbiamo scritto insieme e avrete a vita l’apprezzamento di un presidente a voi grato. Grazie per avere creduto fino alla fine, attraverso ogni collina, ogni valle. Mi avete sollevato durante tutto il percorso e vi sarò per sempre grato per tutto quello che avete fatto e per l’incredibile lavoro svolto. So che le campagne politiche a volte sembrano piccole, persino stupide. E che ai cinici danno molto spazio per dire che la politica non è nulla più che una gara tra ego o terra di interessi particolari. Ma se mai avrete la possibilità di parlare alla gente che è venuta ai nostri rally e si è ammassata in una lunga fila nella palestra di una scuola, o vedrete persone lavorare fino a tardi in un ufficio della campagna in una piccola contea lontana da casa, scoprirete che non è così. Sentirete la determinazione nella voce di un giovane organizzatore che si fa strada verso il college e vuole che ogni bambino abbia la stessa possibilità. Sentirete l’orgoglio nella voce di una volontaria che va di porta in porta perché suo fratello è finalmente stato assunto quando la fabbrica di auto ha aggiunto un turno ulteriore alla produzione. Sentirete il profondo patriottismo nella voce della moglie di un militare che resta al telefono fino a notte tarda per assicurarsi che nessuno che combatte per questo paese debba combattere mai per un lavoro o un tetto quando torna a casa Per questo lo facciamo. Ecco cosa può essere la politica. Ecco perché le elezioni contano. Non è poco, è una cosa grande. È importante. La democrazia in una nazione di 300 milioni di persone può essere caotica e complessa e rumorosa. Ognuno ha la propria opinione. Ognuno ha cose in cui crede. E quando attraversiamo momenti difficili, quando prendiamo grandi decisioni come paese, questo necessariamente mette in campo passioni e controversie. Tutto questo non cambierà dopo stanotte, e non deve farlo. Tutto ciò è simbolo della nostra libertà. Non possiamo dimenticare che, mentre parliamo, persone in nazioni lontane rischiano la propria vita per la possibilità di discutere sulle cose che contano, di dare il loro voto, come noi abbiamo fatto oggi. Ma nonostante le nostre differenza, molto di noi condividono certe speranze per il futuro dell’America. Vogliamo che i nostri figli crescano in un paese dove abbiano accesso alle migliori scuole e all’insegnamento dei migliori docenti. Un paese che porti avanti la propria leadership nella tecnologia, e nell’innovazione e nelle scoperte, con tutto il lavoro e le possibilità di impiego che ne conseguono. Vogliamo che i nostri figli vivano un America che non è oberata dai debiti, che non è indebolita dalle disuguaglianze, che non è minacciata dal potere distruttivo del riscaldamento globale. Vogliamo cedere ad altri un paese sicuro e rispettato e ammirato nel mondo, una nazione difesa dall’esercito più forte della terra e dalle truppe migliori che questo mondo abbia conosciuto. Ma anche un paese che si muova con sicurezza oltre questi tempi di guerra, per arrivare a una pace costruita sulla promessa di libertà e dignità per ogni uomo. Crediamo in un’America generosa, in un’America che ha compassione, in un’America tollerante, aperta ai sogni della figlia di un immigrato che studia nelle nostre scuole e crede nella nostra bandiera. A un giovane delle zone più povere di Chicago che intravede una vita al di là dell’angolo della sua strada. Al figlio di un operaio del Nord Carolina che vuole diventare un dottore o uno scienziato, un ingegnere o un imprenditore, un diplomatico o persino un presidente. Questo è il futuro che vogliamo. Questa la visione condivisa. Ecco verso cosa dobbiamo andare – avanti. Ecco cosa dobbiamo fare. Ora, saremo in disaccordo, spesso duramente, su come arrivare a tanto. Come è stato per due secoli, il progresso inizierà. Non sarà sempre una linea retta, né una strada facile. Sapere che abbiamo speranze e sogni comuni non metteranno termine alle discordie né risolveranno da sole problemi o sostituiranno il lavoro di costruire consenso e arrivare al difficile compromesso necessario per portare avanti questo paese. Ma il legame che condividiamo è il punto da cui iniziare. La nostra economia sta guarendo. Una decade di guerra sta finendo. Una lunga campagna si è appena conclusa. E che io abbia meritato o meno il vostro voto, vi ho ascoltato, ho imparato da voi, e mi avete reso un presidente migliore. E con le vostre storie e le vostre fatiche, torno alla Casa Bianca più determinato e ispirato che mai, con in mente il lavoro che deve essere fatto e che il futuro è di fronte a noi. [IOGALLERY ID=14] Stanotte avete votato per agire, non per la politica come è di solito. Ci avete eletto per concentrarci sul vostro lavoro, non sul nostro. E nelle prossime settimane e mesi, cercherò di lavorare con i leader di entrambi i partiti per rispondere alle sfide che possiamo risolvere soltanto unite. Ridurre il deficit. Riformare il sistema fiscale. Sistemare il nostro sistema di immigrazione. Liberarci dal petrolio straniero. Abbiamo molto lavoro da fare. Ma questo non significa che il vostro lavoro sia finito. Il ruolo dei cittadini nella nostra democrazia non finisce con il voto. Non abbiamo mai pensato a cosa l’America possa fare per noi, ma a cosa possiamo fare insieme, nel lavoro duro e frustrante, ma necessario, dell’auto-governo. Ecco su cosa siamo stati fondati. Questo paese ha più ricchezze degli altri, ma non è questo a farci ricchi. Abbiamo l’esercito più potente della storia, ma non è questo a farci forti. Le nostre universitò, la nostra cultura sono l’invidia del mondo, ma non è questo che fa approdare il mondo alle nostre coste. Quello che rende eccezionale l’America è il legame che tiene insieme le nazioni più diverse sulla faccia della terra. Il credere che il nostro destino è condiviso. Che questo paese funziona solo se accettiamo di avere obbligo ognuno nei confronti dell’altro e verso le generazioni future. La libertà per cui così tanti americani hanno combattuto e sono morti porta tanto diritti quanto responsabilità. E tra i diritti ci sono amore, carità, doveri e patriottismo. Questo fa l’America grande. Stanotte spero perché ho visto lo spirito dell’America in azione. L’ho visto nei proprietari di aziende a conduzione famigliare che preferiscono tagliarsi lo stipendo che lasciare a piedi i vicini, e nei lavoratori che si tagliano le ore di lavoro piuttosto che farlo perdere a un amico. L’ho visto nei soldati che si rimettono in lista dopo avere perso un arto e nei SEAL che fanno il loro dovere nel buio e nel pericolo perché sanno di avere un compagno che gli guarda la schiena. L’ho visto nel New Jersey e a New York, dove i leader dei partiti e gli uomini del governo hanno messo da parte le loro differenze per aiutare una comunità a rimettersi in piedi dopo i danni causati da un terribile uragano. E l’ho visto l’altro giorno a Mentor, in Ohio, dove un padre ha raccontato la storia della figlia di otto anni, la cui lunga battaglia contro la leucemia non è costata tutto alla famiglia solo per la riforma della sanità, approvata pochi mesi prima che la compagnia assicurativa smettesse di pagare per la sua salute. Ho avuto l’opportunità di parlare con il padre e di incontrare la sua incredibile figlia. E quando ha parlato alla folla, ogni genitore in quella stanza aveva lacrime agli occhi, perché sapevamo che quella bambina poteva essere nostra figlia. E so che ogni americano vuole un futuro luminoso. Ecco come siamo. Ecco il paese che sono fiero di guidare come presidente. E stanotte, nonostante tutto quello che abbiamo passato, nonostante le frustrazioni di Washington, non sono mai stato più speranzoso riguardo al futuro. Riguardo all’Amertica. E vi chiedo di sostenere questa speranza. Non sto parlando di ottimismo cieco, di quella speranza che ignora l’enormità delle sfide sul nostro percorso. Né dell’idealismo che permette di sederci a lato e sottrarci ad una sfida. Ho sempre creduto che la speranza è così ostinata dentro di noi, nonostante tutto, che ci aspetta qualcosa di meglio, se abbiamo il coraggio di continuare a tendere verso ciò, di continuare a lavorare, di continuare a lottare. America, io credo che possiamo costruire sul progresso che abbiamo ottenuto e continuare a lottare per nuovi lavori e nuove opportunità e nuove certezze per la middle class. Credo che possiamo mantenere le promesse dei nostri fondatori, nell’idea che se si è disposti a lavorare sodo, non importa chi sei o da dove viene o che faccia hai o chi ami. Non importa se sei nero o bianco o ispanico o asiatico o indiano d’America o giovane o vecchio o ricco o povero, abile, disabile, gay o etero. Se hai voglia di provare in America puoi farcela! Credo che possiamo afferrare il futuro insieme perché non siamo divisi come suggerisce la nostra politica. Non siamo cinici come credono i nostri esperti. Siamo più grandi della somma delle nostre ambizioni individuali, e rimaniamo più di una manciata di stati blu e rossi. Siamo e saremo per sempre gli Stati Uniti d’America. E con il vostro aiuto e la grazia di Dio continueremo il nostro percorso e ricorderemo al mondo perché viviamo nella nazione più grande del mondo. Grazie, America. Dio ti benedica. Dio benedica questi Stati Uniti.    

Alessandra De Angelis

In InvestireOggi.it sin dal 2010, svolge il ruolo di Caporedattrice e titolista, e si occupa della programmazione e selezione degli argomenti per lo staff di redazione.
Classe 1982, dopo una laurea in giurisprudenza lavora all’estero per poi tornare in Italia. Cultrice dell'arte della scrittura nelle sue diverse declinazioni, per alcuni anni si è anche occupata di Content Seo per alcune aziende del milanese.

Lascia un commento

Your email address will not be published.