Molti pensano che siano gli ultimi anni di lavoro quelli più incisivi per il calcolo della pensione. E in parte è così se si pensa alla correlazione tra stipendio e pensione come importi. C’è però un anno che è cruciale per tutti i lavoratori ai fini del calcolo della pensione. Forse ancora di più delle ultime buste paga. E’ il 1996. Gli addetti ai lavori sanno bene di cosa stiamo parlando ma per i meno esperti è bene chiarire perché quell’anno è così determinante ancora oggi.
Come cambia la pensione in base ai sistemi di calcolo
“Cosa facevi 27 anni fa?”. Detta così la domanda fa pensare agli interrogatori dei film polizieschi. Niente di tutto ciò: ricordare non vi serve come alibi. E ovviamente non dovrete fare uno sforzo di memoria su tutti i contributi versati alla data del 1996 perché è tutto registrato dall’Inps.
Non tutte le pensioni sono uguali. Perché lavoratori con carriere simili alla pensione potrebbero aver maturato assegni diversi? La variabile sta nel sistema di calcolo applicato. E in questo senso il 1996 è lo spartiacque tra calcolo pensione retributivo o contributivo (o misto).
Calcolo pensione con retributivo, contributivo e misto: cosa e quanto cambia
E’ meglio stare prima o dopo questa sponda? Ovviamente prima perché le varie riforme pensioni che si sono susseguite hanno peggiorato le condizioni per i lavoratori. In un certo senso quindi chi lavorava già nel 1996 “è tutelato” dall’erosione che ha fatto seguito e che ha rosicchiato diritti e possibilità.
Immaginiamo il signor Rossi e il signor Bianchi, due coetanei assunti dalla stessa azienda rispettivamente a ottobre 1994 e gennaio 1997. Per pochi anni di differenza solo il primo potrà andare in pensione a 67 anni e 20 anni di contributi (accedendo al cd sistema misto con calcolo retributivo fino al 1995).
Ecco perché per chi ha iniziato a lavorare dopo il 1996 spesso il raggiungimento dei 67 anni di età non corrisponde con il traguardo della pensione.
Ma la differenza tra sistema retributivo, contributivo o misto non sta solo sul “quando”. Cambia anche il “quanto”, ossia l’importo dell’assegno. Ecco perché, tornando all’esempio di cui sopra, non solo il signor Bianchi andrà in pensione dopo ma verosimilmente prenderà anche di meno a parità di carriera.