La Turchia ha raggiunto un accordo con Euroclear Bank per regolare le transazioni relative al debito locale denominato in lire, dollari, euro e oro. Il ministro dell’Economia, Berat Albayrak, ha dichiarato soddisfatto che con l’intesa appena siglata Ankara si sarebbe allineata ulteriormente agli standard internazionali sui mercati dei capitali. Con sede a Bruxelles, la società è attiva nella gestione delle transazioni finanziarie e consentirebbe agli investitori di accedere al mercato obbligazionario turco senza doversi necessariamente affidare alle banche locali per comprare e vendere.
Tassi sempre più giù in Turchia e per i bond non è più una buona notizia da mesi
Quest’anno, le vendite di bond sovrani turchi hanno ammontato a 7,8 miliardi, scendendo a 7,1 miliardi. La quota di investitori stranieri si è fortemente ridimensionata negli ultimi mesi, accelerando un processo che va avanti da qualche anno e che vede il crescente disimpegno della finanza estera dal paese emergente, un tempo rassicurante per le politiche economiche liberali condotte dal presidente Recep Tayyip Erdogan nel suo primo decennio al governo.
La Turchia non è il primo paese emergente a puntare di recente sulle cosiddette “clearing houses” per accrescere l’appeal degli assets locali. In autunno, l’Egitto ha annunciato un simile accordo a breve con Euroclear per il gennaio di quest’anno, mentre poco più di un anno fa era stata la volta dell’Ucraina con Clearstream, altra grande stanza di compensazione. Kiev ha beneficiato subito dell’operazione, se è vero che in pochi mesi la quota di debito detenuta dagli investitori esteri si è impennata dall’1% al 12%.
Fuga da Ankara
Negli ultimi tempi, Ankara ha indisposto alquanto gli investitori con un clima di minacce esplicite verso coloro che sono accusati di speculare contro il paese, per non parlare delle crescenti restrizioni ai movimenti dei capitali, introdotte tramite le banche domestiche per frenare la caduta della lira.
Quest’anno, le emissioni di debito ad Ankara cresceranno del 50%, a causa della crisi economica che sta seguendo l’arrivo della pandemia. In rapporto al pil, l’indebitamento a fine 2019 si attestava solamente al 33%, ma il punto è che risulta in gran parte denominato in valute forti, specialmente in dollari ed euro, a fronte di riserve largamente insufficienti. E quest’anno arrivano a scadenza parecchi bond, accrescendo la pressione sui prezzi dei titoli. Il rendimento decennale si attesta oggi al 12,10%, quello a 2 anni all’8,75%. Ma si consideri che a maggio l’inflazione è risalita per la prima volta da febbraio, attestandosi all’11,39%, decisamente sopra i tassi, tagliati dalla banca centrale all’8,25%.
Questa situazione non lascia prevedere alcunché di positivo per la lira turca, il cui tasso di cambio si aggira a poco meno di 6,80 contro il dollaro, in calo del 12,50% quest’anno, pur in forte recupero rispetto ai minimi toccati di inizio maggio, ma per via della difesa della banca centrale, le cui riserve valutarie si stanno pericolosamente assottigliando di mese in mese. Insomma, l’accordo con Euroclear avrà pure effetti positivi sulla liquidità degli scambi e sui costi di transazione, ma i fondamentali restano il driver degli investimenti e per la Turchia non migliorano, anzi si evolvono negativamente.