Romelu Lukaku è stato venduto dall’Inter al Chelsea per 115 milioni di euro. Ossigeno puro per il bilancio, nel quale potrà essere iscritta una plusvalenza di oltre 70 milioni. Ma l’addio dell’attaccante belga pesa sull’umore dei tifosi, i quali temono che il ciclo vincente apertosi nella stagione scorsa con lo scudetto sia già finito. Anche Achraf Hakimi è stato venduto, stavolta al PSG. In cambio, arriverà Edin Dzeko dalla Roma. Per lui, un contratto di 5,5 milioni netti a stagione, meno dei 7,5 milioni attualmente garantitigli fino al 2022.
La società nerazzurra è in subbuglio. Beppe Marotta avrebbe minacciato le dimissioni da dirigente sportivo, mentre Carlo Cottarelli ha intensificato il suo appello alla proprietà per stringere una collaborazione. Il 24 settembre prossimo si riunirà la sua Interspac srl, attorno alla quale l’economista ha avviato il progetto di azionariato popolare.
L’azionariato popolare di Cottarelli per l’Inter
A luglio, insieme ad altri tifosi famosi dell’Inter ha somministrato un questionario ai potenziali interessati, ricevendo 100.000 risposte. Secondo Cottarelli, i potenziali piccoli tifosi-azionisti sarebbero di più. Molti neppure avrebbero saputo dell’iniziativa, molti altri non ne avevano compreso l’importanza. La sua idea sarebbe di raccogliere finanche 3-400 milioni di euro per entrare nel capitale sociale con una quota significativa. Il target sarebbe triplice: il pubblico dei tifosi; le imprese di medie e grandi dimensioni e gli investitori istituzionali.
Il problema sta nell’appeal, non tanto dell’iniziativa in sé, pur ancora un unicum in Italia, quanto dell’Inter dopo la vendita di un gioiello come Lukaku. La disaffezione e lo scetticismo verso le sorti in campo e finanziarie dell’Inter dopo lo scudetto rischiano di impattare negativamente sull’eventuale raccolta dei capitali che sarà avviata da Interspac. Suning non è più una certezza come fino a un anno fa.
Per il momento, la famiglia Zhang resta formalmente a capo dell’Inter, ma nei fatti sono il colosso delle vendite online e lo stato cinese a detenere il controllo. Serve una “exit strategy” per evitare che prima o poi la UEFA accenda i fari sulla proprietà nerazzurra. I rapporti commerciali e diplomatici tra Europa e Cina non sono quelli precedenti al Covid. E l’amministrazione Biden non ha affatto indietreggiato rispetto al predecessore nel perseguire una politica di contenimento di Pechino. L’azionariato popolare consentirebbe all’Inter di almeno transitare la società verso nuovi assetti proprietari. Purché il brand non anneghi nelle polemiche del calciomercato estivo e nella disillusione dei tifosi, passati nel giro di poche settimane dall’euforia scudetto alla presa d’atto delle enormi difficoltà finanziarie.