La tenuta delle pensioni in Italia è a rischio. Lo dicono i numeri, inutile girarci intorno, ma per comodità si cerca di far finta di niente tirando avanti con striminzite riforme (quota 102) per prendere tempo.
E’ tutta una questione di soldi. Non ce ne sono, anzi per garantire le pensioni nel tempo sono si spendono soldi che non ci sono. Basta guardare il livello di debito pubblico raggiunto per rendersene conto.
Non ci sono più soldi per le pensioni
Con 23 milioni di lavoratori sarà impossibile garantire altrettante pensioni in pagamento per un lungo periodo.
In altre parole le pensioni anticipate, non sono più possibili se non a caro prezzo. Cioè solo se si è disposti a subire un taglio dell’assegno, come avviene per Opzione Donna o Ape Sociale.
Mancano i fondi per poter pagare le pensioni prima del tempo. L’Italia già spende tanto (il 16% del Pil) e accogliere le rivendicazioni dei sindacati (pensione per tutti a 41 anni) appare quanto meno improponibile.
La separazione previdenza e assistenza
La conferma arriva niente meno che dalla impraticabilità della separazione fra previdenza e assistenza. Il gruppo ristretto della commissione tecnica di studio ha infatti bocciato definitivamente il progetto perché troppo labile il confine.
Una doccia fredda per i sindacati che puntavano alla separazione degli interventi pubblici per reperire nuove risorse da destinare alle pensioni. Si legge in una nota:
“guardare alla spesa previdenziale al netto degli interventi finanziati dalla tassazione non può essere considerato un modo per reperire risorse per maggiori spese pubbliche, dal momento che le imposte versate sulle prestazioni sociali sono già destinate al finanziamento di altre componenti del bilancio pubblico”.
Manca sostanzialmente una definizione netta fra i vari interventi assistenziali e previdenziali.