Siamo ormai nel vivo della campagna elettorale. Tra due settimane si vota e i partiti usano gli ultimi fuochi scoppiettanti per cercare di convincere i propri elettori ad andare a votare. Perché più che pescare consensi all’infuori della propria baia, i leader mai come per questo appuntamento puntano a massimizzare la partecipazione al voto tra le rispettive basi. E il reddito di cittadinanza tiene banco anche quando nessuno ne parla. I sondaggi segnalano dalla fine di agosto una discreta risalita del Movimento 5 Stelle, che al Sud praticamente non fa altro che suonare l’allarme sul fatto che, se vincerà il centro-destra, il sussidio sarà cancellato.
Il reddito di cittadinanza divide i partiti
Il Terzo Polo di Carlo Calenda e Matteo Renzi e Fratelli d’Italia di Giorgia Meloni restano i più contrari, mentre Forza Italia e Lega puntano a “modificarlo”, ma non a cancellarlo. Tuttavia, da giorni neppure più i nemici dichiarati del reddito di cittadinanza osano più parlarne con nettezza di toni. Anche i centristi e la destra adesso sono più inclini ad apportare modifiche, anziché ad eliminarlo tout court il sussidio. A proposito, che fine hanno fatto le firme raccolte da Renzi per indire un referendum abrogativo?
Le campagne elettorali sono per definizione il momento meno sincero dei candidati. Nessuno toglie mai a nessuno, tutti offrono qualcosa in più a tutti. Insomma, fossimo sempre in campagna elettorale non pagheremmo tasse e avremmo servizi pubblici illimitati e gratis. Sul reddito di cittadinanza, però, nessuno ha mai raccontato la verità sin dall’inizio. Da quasi quattro avanti va avanti una “guerra” ideologica tra favorevoli e contrari, che si riflette nel dibattito presente nel Paese reale.
Per i contrari, il reddito di cittadinanza ha fallito, perché non ha creato lavoro ed è stato oggetto di numerose truffe. Inoltre, ha disincentivato alla ricerca di lavoro, lasciando disperate migliaia di imprese in cerca di dipendenti. I favorevoli notano come il sussidio avrebbe dato dignità a chi non poteva permettersi di fare la spesa, mentre il problema sarebbero semmai gli stipendi troppo bassi, che scoraggiano i disoccupati ad accettare offerte delle imprese.
Pro e contro il sussidio
Qual è il punto? Primo: il reddito di cittadinanza è semplicemente un sussidio. Non esiste motivo al mondo per cui dovrebbe creare lavoro. Se il lavoro ci fosse stato già, non si capisce perché avevamo e abbiamo tuttora così tanti disoccupati e inoccupati, perlopiù al Sud. I navigator poco possono per offrire opportunità di occupazione ai beneficiari. Che domanda e offerta spesso non s’incrocino a causa della scarsa informatizzazione del mercato del lavoro, è vero; d’altra parte, che a mancare sia proprio il lavoro, è ancora più vero.
Secondo: molti imprenditori, che definire tali significa fare un torto all’imprenditoria seria, piangono per l’impossibilità di trovare manodopera. Anziché chiedersi se le condizioni offerte siano accettabili, pretendono che lo stato in un qualche modo obblighi i giovani ad accettarle. Non hanno idea di cosa sia il mercato, credono semplicemente che esso consista nella capacità di imporre condizioni alla controparte senza che essa possa negoziarle.
Terzo: gli stipendi effettivamente sono troppo bassi. Lo dicono le statistiche internazionali, lo suggerisce la vita quotidiana. Da cosa dipende? Da svariati fattori, tra cui la piccola dimensione media delle imprese italiana, le quali sotto-investono e per questo sono diventate nei decenni poco competitive.
La questione vera da affrontare
Quarto: la bontà di una misura non la si misura dall’entità delle truffe a cui s presta. Esse dipendono dagli scarsi controlli dello stato e dalla loro inefficacia. Quanti lavorano, pur percependo un sussidio di disoccupazione? Dovremmo per questo togliere l’indennità? E allora il reddito di cittadinanza va bene? Al di là delle opinioni personali, il problema vero è che in Italia mancano all’appello non meno di 4 milioni di posti di lavoro. Questa è quanto consegue dalla differenza tra il nostro tasso di occupazione e quello medio europeo. In un mercato in cui manca il lavoro, non puoi offrire il sussidio, anche perché effettivamente così uccidi la propensione a rimboccarsi le maniche, specie tra i giovani, gravando sui costi già alti sostenuti da chi un lavoro lo ha. Un pasticcio. Come spesso capita, l’Italia cerca di risolvere un problema partendo dalla costruzione del tetto, anziché iniziare dalle fondamenta.