La verità sulla pensione ai parlamentari: leggi prima di urlare alla truffa del vitalizio

Ancora polemiche sul diritto alla pensione dei parlamentari dopo aver fatto cadere il governo Draghi. Il vitalizio non è più una truffa, ma la rendita resta un privilegio.
2 anni fa
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pensione

I vitalizi dei parlamentari non sono un privilegio come spesso si racconta. Le cose sono cambiate parecchio da 10 anni a questa parte. E vale la pena ricordare che le pensioni dei parlamentari, impropriamente chiamate ancor oggi “vitalizi”, non sono affatto regalate.

A precisarlo sono alcuni deputati che ci hanno scritto in precisazione a precedenti articoli in cui si parla di privilegi della casta. La pensione oggi, a differenza che in passato – sostengono – bisogna guadagnarsela ed è calcolata sui contributi versati. Se poi ne mancano, vanno pure aggiunti a titolo oneroso.

Quando matura la pensione dei parlamentari

Ricordiamo che il requisito minimo dei parlamentari per accedere alla pensione è quello di aver svolto il mandato per almeno 4 anni, 6 mesi e 1 giorno. Cosa che riguarda soprattutto onorevoli e senatori di prima nomina. Giacché per gli eletti il requisito risulta pienamente soddisfatto.

Ebbene questo limite è stato soddisfatto per un soffio, poiché viene raggiunto il 24 settembre 2022. Esattamente un giorno prima della data delle elezioni nazionali dopo lo scioglimento di Camera e Senato da parte del Capo dello Stato.

A parte questo, per raggiungere la piena quota di pensione prevista per i 5 anni di legislatura ogni deputato e senatore di prima nomina dovrà versare, se vuole, i contributi rimanenti di tasca propria. Si tratta di versamenti volontari, né più né meno per i restanti 6 mesi riscattabili. Cifra che ammonta a 5.510 euro.

Ma il privilegio della casta resta

La pensione del parlamentare così maturata sarà liquidata per un importo di circa 1.500 euro lordi mensili. E’ commisurata con il monte contributivo accumulato che è pari a 50.000 euro per 5 anni di attività. E fin qui, niente da obiettare, nulla è regalato.

Il privilegio, invece, scaturisce riguardo all’età della pensione. Il parlamentare può chiedere la liquidazione della rendita a 65 anni. Quindi due anni prima della soglia prevista per la generalità dei lavoratori.

Ma non è tutto – e qui viene il peggio – se il deputato o senatore è rieletto e ricopre un secondo mandato, l’età pensionabile si abbassa di un anno per ogni anno ricoperto, fino a 60 anni.

Più si lavora e prima si va in pensione, insomma. Mentre per la generalità dei lavoratori questo principio non vale. Per la casta, quindi, il meccanismo della speranza di vita Istat funziona al contrario. Potremmo chiamarlo tranquillamente speranza di essere rieletti. Ma è giusto?

Mirco Galbusera

Laureato in Scienze Politiche è giornalista dal 1998 e si occupa prevalentemente di tematiche economiche, finanziarie, sociali

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