Il cancelliere Olaf Scholz è il primo capo di governo di uno stato del G7 a mettere piede in Cina dall’inizio della pandemia. E lo ha fatto nelle scorse ore accompagnato da un codazzo di rappresentanti dell’industria tedesca, tra cui i vertici di Volkswagen, Deutsche Bank, Siemens e Basf. La Germania non solo non ha alcuna intenzione di allentare le relazioni commerciali con la Cina, ma punta persino a rilanciarle. Una posizione quella del governo di Berlino, che imbarazza alquanto l’Unione Europea e che irrita profondamente l’America di Joe Biden.
La Cina è stato primo partner commerciale della Germania per il sesto anno di fila nel 2021. L’interscambio tra le due potenze ha ammontato a oltre 245 miliardi di euro. Cosa ancora più importante, è diventato piuttosto equilibrato. Ormai, il 12% dell’import tedesco si ha dall’economia asiatica. Ad ottobre, il governo ha autorizzato la cessione del 35% di un terminal del porto di Amburgo alla compagnia statale cinese COSCO. Dopo numerose critiche anche interne, la quota è stata abbassata al 25%.
Germania irritata con gli USA di Biden
Questa visita arriva proprio quando l’Occidente sta cercando di allentare la dipendenza dalle autocrazie asiatiche. Xi Jinping, appena rieletto presidente per un terzo mandato al Congresso del Partito Comunista, è il principale alleato di Vladimir Putin. Con questa mossa, Scholz sta segnalando alle cancellerie di Europa e America che non intende rinunciare alla grande opportunità che la Cina rappresenta per l’economia tedesca. Non dopo il brutto colpo accusato sul gas russo.
E qui si apre un capitolo a cavallo tra economia e politica. La Germania sostiene formalmente tutti gli sforzi della NATO per contrastare l’invasione russa in Ucraina, ma la verità è che la guerra la sta subendo. L’America di Biden era fermamente contraria all’attivazione del gasdotto Nord Stream 2 che collegava la Russia alla Germania attraverso il Mar Baltico.
Scholz rompe il fronte anti-cinese
Con l’invasione ucraina la Germania ha perso non solo l’opportunità di ricevere altro gas russo a basso costo, ma ha dovuto rinunciare quasi in toto alle importazioni da Mosca. Esse erano alla base delle fortune tedesche in ambito industriale. In un certo senso, Berlino sta vivendo questo confronto a distanza tra Biden e Putin come una sorta di attacco alle basi della propria economia. Prima che l’Occidente concordi una linea anti-cinese, Scholz ha voluto giocare d’anticipo nel mettere in guardia che il suo paese non ci starebbe, che non ha intenzione di rinunciare ai benefici della globalizzazione.
Di fatto, la Germania ha rotto il fronte anti-cinese dell’Occidente prima ancora che si ufficializzasse. Un po’ come con il piano da 200 miliardi di euro contro il caro bollette, il quale ha mandato in frantumi le speranze per una risposta unitaria nel Vecchio Continente come ai tempi della pandemia. Berlino non vuole restare troppo legata al resto dell’Eurozona. E questo la dice lunga sulla sua fiducia verso economie come Italia e Francia. I tedeschi sanno che in Asia esistono grosse opportunità di espansione commerciale e puntano a sfruttarle appieno, anziché cercare di rilanciare la domanda interna con politiche estranee alla loro cultura come l’indebitamento pubblico.
Una posizione che è propria dell’industria nazionale. Il CEO del colosso chimico Basf, Martin Brudermueller, ha dichiarato nei giorni scorsi alla stampa cinese che la Germania dovrebbe “tenersi alla larga dal criticare la Cina”, notando le grosse prospettive in termini di espansione del mercato. Le esportazioni in Cina hanno inciso per il 40% del totale per Volkswagen nei primi nove mesi di quest’anno.