Il PEPP potrebbe cessare prima del previsto. Lo ha ammesso ieri il governatore della Banca Centrale Europea (BCE), in audizione all’Europarlamento. Christine Lagarde ha dichiarato che la discussione sulla fine del programma monetario da 1.700 miliardi di euro potrebbe iniziare “in un futuro non troppo lontano”. Ha altresì confermato che i tassi di interesse resteranno “alti sufficientemente a lungo” e fintantoché l’inflazione nell’Eurozona non scenderà al 2%, non ci sarà alcun taglio.
Il PEPP è un programma di acquisti di bond varato nel marzo del 2020 per contrastare gli effetti della pandemia sui mercati finanziari.
Mercato non teme fine anticipata PEPP
Ad ottobre, contrariamente alle attese, il board non affrontò ufficialmente il problema. Nel frattempo, approvava una pausa sui tassi per la prima volta dal luglio dello scorso anno. Malgrado le dichiarazioni di Lagarde di ieri, il mercato obbligazionario non sembra credere tanto al loro contenuto. Tant’è che anche oggi i rendimenti sovrani italiani sono in calo e lo spread con i Bund a 10 anni si mantiene sostanzialmente invariato attorno ai 175 punti base o 1,75%.
Se il programma cessasse prima della fine del 2024, la domanda di titoli di stato nell’Eurozona si ridurrebbe di una media di quasi 20 miliardi al mese. Ai BTp verrebbero meno ordini per una quarantina di miliardi all’anno. Sarebbe un problema, tenuto conto che già le emissioni di debito pubblico stiano avvenendo ai tassi più alti da molti anni a questa parte. Tuttavia, il mercato continua a scontare un taglio dei tassi di 100 punti base o dell’1% entro dicembre 2024.
Liquidità in forte calo, Eurozona a rischio recessione
Sulla fine anticipata dei riacquisti con il PEPP c’è, quindi, un certo scetticismo sui mercati. Evidentemente, il calo dell’inflazione è atteso proseguire anche dopo ottobre e ciò dissuaderebbe la BCE dal condurre una politica monetaria ancora più restrittiva quando l’economia nell’Eurozona rischia la recessione. Ad ottobre, la massa monetaria nota come aggregato M3 è risultata in calo su base annua del 10%. E’ l’ennesima conferma circa la veloce riduzione della liquidità in circolazione, che a sua volta lascia intravedere una ulteriore decelerazione dell’inflazione.