La rivalutazione delle pensioni è troppo onerosa. “Basta con i meccanismi di adeguamento degli assegni pubblici all’inflazione”. Così la presidente della Bce Christine Lagarde in una recente dichiarazione alla vigilia del prossimo rialzo del costo del denaro.
Indicizzare le pensioni all’inflazione – secondo Lagarde – non ci ha aiutato nel passato e ha generalmente contribuito ad alimentare l’inflazione che è poi finita fuori controllo. Un segnale inquietante che potrebbe aprire nuovi scenari per le pensioni future.
Inflazione e pensioni
Il messaggio del presidente della Bce Lagarde è rivolto a tutta Europa, ben inteso, ma solleva forti preoccupazioni anche in Italia la cui spesa per le pensioni è fra le più alte del mondo.
In questo contesto, rivalutare le pensioni costerebbe troppo e non sortirebbe l’effetto di frenare la corsa dei prezzi. In altre parole, non è adeguando le rendite pubbliche che si impedisce all’inflazione di salire. Se il potere di acquisto si adegua velocemente ai prezzi al consumo – dicono gli esperti – non ci sarà mai freno all’inflazione e la Bce sarà costretta a continuare ad alzare il costo del denaro creando un circolo virtuoso e una bolla finanziaria.
Il rischio quindi qual è? Che da dal prossimo anno le pensioni possano non essere più rivalutate in base all’inflazione, come avvenuto nel 2023. La perequazione automatica piena è già stata limitata quest’anno ai redditi fino a 4 volte il trattamento minimo (2.101,52 euro al mese). Oltre tale soglia l’adeguamento è stato ridimensionato, ma non è sugli assegni medio alti che si risparmia.
Cosa aspettarsi per il 2024
Il rischio è che se l’inflazione non si raffredda nel corso del 2023, la spesa dello Stato per adeguare le pensioni al caro vita non potrà essere sostenuta a lungo.
Le indicazioni della Bce, quindi, non saranno dimenticate dal governo Meloni che sta lavorando per la prossima riforma pensioni. Dal punto di vista prettamente economico, la strada è decisamente in salita di fronte a problematiche croniche che dovranno essere affrontate. A cominciare da quello legato alla denatalità che mina alla base lo sostenibilità delle pensioni dei lavoratori.
Difficile prevedere cosa succederà da qui alla fine dell’anno, ma una cosa pare certa: si sta andando verso tagli graduali alla spesa pubblica. E le pensioni rappresentano, insieme alla sanità, le maggiori voci di spesa dello Stato. Impensabile, quindi, che le rendite saranno rivalutate pienamente anche negli anni a venire. Semmai saranno ancora di più ridimensionate rispetto a quanto avvenuto nel 2023.