Lagarde (Bce): basta con la rivalutazione delle pensioni

Troppo pericoloso rivalutare le pensioni in base all’inflazione. C’è rischio di bolla finanziaria e che i prezzi non scendano più.
2 anni fa
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International Monetary Fund Managing Director Christine Lagarde gestures as she speaks about the global economy at the Johns Hopkins School of Advanced International Studies in Washington April 2, 2014. The European Central Bank should ease monetary policy to combat the risk of "low-flation" that could crimp euro zone output and consumer spending, the head of the International Monetary Fund said on Wednesday. REUTERS/Kevin Lamarque (UNITED STATES - Tags: POLITICS BUSINESS EDUCATION) - RTR3JO26

La rivalutazione delle pensioni è troppo onerosa. “Basta con i meccanismi di adeguamento degli assegni pubblici all’inflazione”. Così la presidente della Bce Christine Lagarde in una recente dichiarazione alla vigilia del prossimo rialzo del costo del denaro.

Indicizzare le pensioni all’inflazione – secondo Lagarde – non ci ha aiutato nel passato e ha generalmente contribuito ad alimentare l’inflazione che è poi finita fuori controllo. Un segnale inquietante che potrebbe aprire nuovi scenari per le pensioni future.

Inflazione e pensioni

Il messaggio del presidente della Bce Lagarde è rivolto a tutta Europa, ben inteso, ma solleva forti preoccupazioni anche in Italia la cui spesa per le pensioni è fra le più alte del mondo.

Il nostro welfare è infatti gravato da spese enormi che vanno dall’assistenza alla previdenza. Spese che continuano a crescere per via dell’invecchiamento della popolazione.

In questo contesto, rivalutare le pensioni costerebbe troppo e non sortirebbe l’effetto di frenare la corsa dei prezzi. In altre parole, non è adeguando le rendite pubbliche che si impedisce all’inflazione di salire. Se il potere di acquisto si adegua velocemente ai prezzi al consumo – dicono gli esperti – non ci sarà mai freno all’inflazione e la Bce sarà costretta a continuare ad alzare il costo del denaro creando un circolo virtuoso e una bolla finanziaria.

Il rischio quindi qual è? Che da dal prossimo anno le pensioni possano non essere più rivalutate in base all’inflazione, come avvenuto nel 2023. La perequazione automatica piena è già stata limitata quest’anno ai redditi fino a 4 volte il trattamento minimo (2.101,52 euro al mese). Oltre tale soglia l’adeguamento è stato ridimensionato, ma non è sugli assegni medio alti che si risparmia.

Cosa aspettarsi per il 2024

Il rischio è che se l’inflazione non si raffredda nel corso del 2023, la spesa dello Stato per adeguare le pensioni al caro vita non potrà essere sostenuta a lungo.

Già quest’anno sono stati stanziati 24 miliardi di euro per rivalutare più di 16 milioni di assegni, nonostante siano stati approntati tagli importanti alle redite medio alte.

Le indicazioni della Bce, quindi, non saranno dimenticate dal governo Meloni che sta lavorando per la prossima riforma pensioni. Dal punto di vista prettamente economico, la strada è decisamente in salita di fronte a problematiche croniche che dovranno essere affrontate. A cominciare da quello legato alla denatalità che mina alla base lo sostenibilità delle pensioni dei lavoratori.

Difficile prevedere cosa succederà da qui alla fine dell’anno, ma una cosa pare certa: si sta andando verso tagli graduali alla spesa pubblica. E le pensioni rappresentano, insieme alla sanità, le maggiori voci di spesa dello Stato.  Impensabile, quindi, che le rendite saranno rivalutate pienamente anche negli anni a venire. Semmai saranno ancora di più ridimensionate rispetto a quanto avvenuto nel 2023.

Mirco Galbusera

Laureato in Scienze Politiche è giornalista dal 1998 e si occupa prevalentemente di tematiche economiche, finanziarie, sociali

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