Nella primavera del 2016, il principe ereditario Mohammed bin Salman (MbS) svelava al mondo la sua “Vision 2030”, un pacchetto nutritissimo di riforme, tese ad ammodernare la società saudita con l’obiettivo di sganciarne la dipendenza dal petrolio. A distanza di quasi 5 anni da quello storico appuntamento, possiamo affermare che Riad sia sulla strada giusta. Il greggio resta la principale risorsa per l’economia domestica e le casse del regno, ma i cambiamenti sociali portati avanti da MbS sono stati molteplici e dal forte impatto.
Tuttavia, già nel settembre 2017 arrivava lo storico annuncio della monarchia sulla concessione del diritto di guidare l’auto per le donne a partire dalla metà dell’anno successivo. La fine di un divieto quasi trentennale, anacronistico e ingiustificato e che, soprattutto, impediva alle donne di recarsi al lavoro e di condurre una vita autonoma rispetto al marito o al padre. Allo stesso tempo, venivano riaperti i cinema e gli stessi stadi, pur in una sezione separata, resi accessibili anche alle donne.
Secondo il Global Entrepreneurships Monitor, il numero delle imprenditrici saudite è cresciuto del 50% tra il 2018 e il 2019. La Banca Mondiale certifica il successo con numeri ancora più clamorosi: gli occupati donne hanno superato gli uomini negli ultimi trimestri, con il tasso di partecipazione al lavoro più che raddoppiato dal 15% al 31% tra il 2017 e il 2020.
Arabia Saudita, donne sempre più integrate al lavoro: riforme del Principe Mohammed
Diversificazione economica tramite più diritti per le donne
A conferma di questa tendenza, il settore giudiziario. Nel 2019, il governo ha cercato di accrescere l’inclusione delle donne con il rilascio delle licenze per fare il notaio.
Per MbS non si tratta solo di parità di genere, ma di prospettive future per l’economia saudita. La dipendenza dal petrolio può essere allentata solamente se si sostiene lo sviluppo del settore privato. E questo risulta ad oggi frenato proprio dalla bassa partecipazione delle donne al mercato del lavoro, perlopiù in conseguenza di leggi che ne limitano la libertà di scelta e di movimento. Da qui, la necessaria modernizzazione anche dei costumi, che il principe sta portando avanti in ottemperanza alla sua “Vision 2030”.
Nel prossimo decennio, il regno punta ad attirare 420 miliardi di dollari di investimenti stranieri nei settori del trasporto e delle infrastrutture. In tutto il Golfo, i capitali dal resto del mondo sono attesi nell’ordine dei 3.000 miliardi nello stesso periodo. Tra l’altro, il settore minerario saudita dovrebbe attirarne per 1.300 miliardi, grazie a una nuova legislazione a favore della trasparenza. Da questi numeri si capisce come sia possibile che la prima potenza esportatrice di petrolio al mondo punti da qui al 2030 ad essere neutrale sul piano delle emissioni di anidride carbonica. Per allora, il 50% dell’elettricità deriverebbe da fonti rinnovabili.
Perché per il bene dell’economia mondiale dobbiamo tifare il principe saudita