L’Argentina potrebbe mettere presto la parola fine al secondo default dal 2002 e segnare una svolta nei rapporti con gli investitori stranieri. Ieri, il rappresentante di 50.000 obbligazionisti italiani, rimasti a bocca asciutta dopo il primo fallimento dichiarato a inizio 2002 da Buenos Aires sui cosiddetti “Tango bond”, Nicola Stock, a capo della Task Force Argentina, ha annunciato di avere raggiunto un’intesa con il segretario alle Finanze, Luis Caputo, che prevede la corresponsione di 1,35 miliardi di dollari, di cui 900 milioni a titolo di capitale e 450 milioni per gli interessi.
Accordo vicino anche con fondi “avvoltoi”
L’Argentina ha ristrutturato i suoi bond 2 volte, nel 2005 e nel 2010. Il 93% degli investitori ha accettato la ristrutturazione, mentre un nucleo di fondi stranieri ha rifiutato l’accordo, che prevedeva un taglio del 70% del valore nominale dei titoli e l’allungamento delle scadenze. Per il principio di parità di trattamento, contenuto nelle clausole RUFO, qualora il governo accordasse ai creditori non ristrutturati termini più favorevoli di quelli goduti dai creditori ristrutturati, questi ultimi avrebbero titolo a pretendere le migliori condizioni. Tuttavia, tali clausole sono scadute il 31 dicembre del 2014, per cui adesso Buenos Aires avrebbe mani libere per trovare un compromesso. Stando a quanto dichiarato dal ministro delle Finanze, Alfondo Prat-Gay, il paese sudamericano avrebbe intenzione di seguire la linea applicata per l’intesa con i creditori italiani, ovvero un rimborso integrale del capitale e una mediazione sugli interessi. Nel caso dell’Italia, i nostri risparmiatori hanno ottenuto il 150% del capitale investito, anche se a distanza di 14 anni dal fallimento, pari a poco più della metà dei 2,5 miliardi richiesti.