Inflazione Argentina un rischio dopo svalutazione peso
Con l’accordo ormai prossimo all’ufficializzazione, il presidente Mauricio Macri, in carica da appena 2 mesi e mezzo, punta a riconquistare l’accesso al mercato dei capitali esteri, in modo da finanziare a costi più contenuti il debito in scadenza e il disavanzo fiscale ereditato. Il nuovo capo dello stato intende anche attirare nuovi capitali dall’estero, necessari per sostenere l’economia. A inizio mese, ha siglato un’intesa anche con gli obbligazionisti italiani.
A pochi giorni dal suo insediamento, come promesso,
Macri ha lasciato fluttuare il cambio liberamente sul mercato, in modo da porre fine al preoccupante disallineamento tra i pesos ufficiali e quelli sul mercato nero. Da allora, la valuta locale ha perso circa il 36% contro il dollaro, attestandosi attualmente a un cambio di 15,31. La svalutazione del peso sta impattando negativamente sui prezzi, tanto che gli analisti si attendono a febbraio un’
inflazione in crescita del 4-5% su gennaio e del 30% su base annua. Inoltre, al fine di risanare i conti pubblici, il governo sta progressivamente anche tagliando i sussidi generosamente elargiti negli anni passati alla popolazione e che hanno tenuto le bollette, come quelle della luce, a tariffe quasi gratuite. Nel breve termine, però, tali misure contribuiscono ad accelerare l’inflazione e il rischio è che il riformismo di Macri sia avvertito negativamente dai ceti popolari, punendolo nei consensi. Si tratta, tuttavia, di azioni necessarie per fare uscire l’Argentina dall’isolamento finanziario e, in parte, anche politico, in cui si era cacciato negli anni della presidenta Cristina Fernandez de Kirchner.